Under My Bed Recordings

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Reviews:

My Dear Killer: Clinical Shyness, ADE
Forecast
Clinical Shyness LP

Mr60: Mista sista from outta space
Springtime? EP

The Frozen Fracture: The Thermal Sink (Mk. II)

Mixed Tapes Kepy Under My Bed

Belongs To Me: Massimo Effetto

theFOGintheSHELL: Beyond the Absolute and the Nothing
Sorry

Fong: Manifesto

Kech: A lovely place

Morose:La mia ragazza mi ha lasciato

Nasten'ka: 1995/1999

The Popper Pop: Texas Motel

Something Faded: Everyday Boredom


My Dear Killer:

Clinical Shyness LP
UMB, with Madcap Collective, Eaten By Squirreles and Boring Machines

da IL MUCCHIO SELVAGGIO
"Quando non sono il solito compendio di luoghi comuni e dati senza interesse alcuno, le cartelle stampa riescono sul serio a descrivere l'atmosfera di un disco. O perlomeno a offrirne un'azzeccata definizione. Parlando di "Clinical Shyness" come un anello di congiunzione tra Nick Drake e i Sonic Youth, si aggiunge: "L'accostamento sembra alquanto improbabile ma la marea di feedback sotto la quale sono sepolti gli arpeggi e i lamenti di My Dear Killer fa pensare davvero agli strati chitarristici di Ranaldo/Moore che tentano di soffocare il fragile songwriter". Tutto vero. Anche se il tocco delicato della chitarra acustica di My Dear Killer (pseudonimo di Stefano S.) fa pensare più agli arpeggi di Jim O'Rourke che non all'iper-citato cantautore di Tanworth. Che il riferimento sia stato usato come una mossa pubblicitaria? Problemi che si lasciano volentieri ad altre sedi perché, marketing o meno, questo disco - frutto della collaborazione di tre delle etichette più indipendenti del nostro territorio: Madcap, Under My Bed, Eaten By Squirrels - è uno dei migliori esperimenti di canzone d'autore "deviata" che ascoltati recentemente in Italia. Le canzoni sembrano provenire dal magma primordiale dei sentimenti più autentici e grezzi - sentimenti che non hanno mai certezze. Laddove sembra arrivare un punto di fuga, arriva la stangata delle chitarre elettriche. Aggressive, Violente. Un taglio lacerante al cuore. Folk distrutto che sembra davvero provenire dal genio di O'Rourke - ma ora è in Italia: teniamocelo stretto."
[Hamilton Santià]


da ROCKERILLA
"Registrato volutamente in maniera minimalista e rarefatta, ma non per qyuesto meno convincente, "clinical shyness" esercita un fascino intimo dovuto alle atmosfere oniriche che lo dominano. Melodie malinconiche e a tratti appena sussurrate si vanno a incontrare con lampi di feedback urbano e delicati arpeggi, mostrando come My Dear Killer e' un songwriter cha ha fatto sua la lezione del low-fi, del noise meno estremista e dell'indie-rock. In mezz'ora di musica questi piccoli e fragili tasselli sonori, benche' concepiti in tempi diversi, si caratterizzano per una continuita' che mantiene costante una certa tensione emotiva. Non e' piu' un discorso di ritmica o impatto sonoro forzato, ma piu' che altro sensazioni chiuse nella scatola fragile dell'emotivita'."
[Edoardo Frassetto]

da BLOW UP
"Elogio della lentezza. Boring Machines nasce a sede vagante per costituire un argine lato sensu culturale alla trivializzazione delle musiche moderne, al movimento a tutti i costi. Non è etichetta né solo booking o distro, le si attaglia appena più il concetto di promozione. E veicola il suo esordio sulle ali malate di My Dear Killer, one man band fra Varese e Londra che riedita tracce apparse come b-sides in compilation ed ep dal 2001 in poi. "Clinical shyness" è supportato da una syndication fra alcuni importanti 'enti' dell'indipendenza italiana, che convergono nell'estromettere Stefano Santabarbara dalle sue registrazioni casalinghe per donare al possibile uditorio sette croniche flagellazioni psychofolk, feedback con gli occhi pesti (A May afternoon) come autocensure di un elfo in metallo, le sovraincisioni addizionali sullo spleen di To apologise. Si segnala il manifesto omonimo, drakeiano nell'intima scorza, ripiegato su se stesso e annegato: ci sarà sempre un momento in una giornata che porterà ad avvertirne il bisogno." (7/8)
[Enrico Veronese]

da LIFT e SENTIRE ASCOLTARE
"E' un po' come la scena di un film. In primo piano un arpeggio di chitarra pulito che abbozza la tonalità e si limita ad accompagnare senza troppe pretese; più in là, quasi a mezzobusto, uno scorrere continuo di distorsioni che al pari della corrente di un fiume accelera, rallenta, si trasforma in feedback, muta in crescendo, svanisce; a figura intera ma quasi indistinguibile tra le ombre sul fondo, una vocina impalpabile, flebile ma accorta, che (in)canta parole e semplici suoni. È più o meno così che si presenta "Clinical Shyness", opera prima di My Dear Killer aka Stefano S.. Un disco che per certi versi spande sensazioni invece che proporre canzoni, vive di agglomerati d'atmosfere invece che di strofe e refrains, si perde in una forma di timida enunciazione dell'essere dimessa quanto certa d'esistere, eterea quanto sottilmente psichedelica, onirica nell'attitudine quanto ipnotica nei toni. Musica da cameretta insomma, non a caso pubblicata grazie ad una join venture tra la Under My Bed del titolare del progetto, la Eaten By Squirrels e il lisergico Madcap Collective. Nello specifico, scivolando tra le sette tracce del disco, ci si imbatte in una A May Afternoon che nasce come una nenia alla Smog e decide di morire sotto una marea di feedback in stile European Song; una The Wish Talker che a discapito del temporale di saturazioni iniziale vola bassa tra un cantato quasi impercettibile e una chitarra elettrica improvvisata; una Words che frigge d'elettricità e malinconie represse; una Phone Calls - unico episodio "in chiaro" del pacchetto - che con l'attitudine pop che rivela ricorda - chissà poi perché - alcune cose di Roger Waters. Questo è il mondo di My Dear Killer, lo-fi per scelta, spettinato dopo una nottata insonne, capace di abbuffarsi di rumore e solitarie dissertazioni, sensibile alle variazioni di colore e di temperatura, schivo ma necessariamente vivo."
[Fabrizio Zampighi]

da KALPORZ "Ci sono momenti in cui proprio non hai voglia di uscire di casa. Stai a fissare le ragnatele sul muro, i poster che si stanno scollando dalle pareti, incapace di reagire. Sono quei momenti in cui gli amici cercano di trascinarti fuori casa, e magari ci riescono pure; poi però torni nella tua stanza e ti senti esattamente come prima. È a quel punto che vedi la tua chitarra in un angolo, e inizi a toccarla: le affidi un po’ della tua tristezza, o della tua timidezza cronica, cominciando a sforarla come il più intimo degli Elliott Smith. Ma ancora non ci siamo, non riesce ad esprimere bene quel vuoto senza nome che hai dentro, e allora costruisci sopra quelle note delicate rumori, cumuli inestricabili di feedback. Così, senza il minimo supporto ritmico, con la tua voce che riesce a malapena a farsi udibile. È questa l’atmosfera che pervade Clinical Shyness, il debutto di My Dear Killer, one-man band sospeso tra Varese e Londra: un album da cameretta in cui niente e nessuno, però, ti invita ad accomodarti. Nulla si amalgama, in queste sette canzoni, ed è una cosa voluta: gli arpeggi malinconici sono soffocati dal rumore, il feedback rimbalza violento contro le pareti della stanza, come un’emozione che preme per uscire e non vi riesce. Si sono mossi in tanti, tre etichette del sottobosco più indie assieme alla neonata Boring Machines, per portare lo spleen di My Dear Killer all’esterno: tra folk oppresso dal noise e oscurità sadcore, Clinical Shyness non è certo un disco a cui tornare spesso, perché sa metterti a disagio in una maniera quasi fisica. Ma, anche se con pochi mezzi e con una formula che tende a ripetersi sempre uguale, sono pochi gli album che riescono a comunicare così intensamente."
[Daniele Paletta]

da FREAK OUT
"Progetto assolutamente casalingo, ma fa più figo dire low-fi, da far invidia al Lou Barlow più intimista, quello di Stefano, alias My Dear Killer, che dopo varie traversie ha deciso di dare alle stampe il suo esordio, fatto di sola voce e chitarra. Più minimale dello Springsteen di "Nebraska", nei sette brani utilizza la sola chitarra per lunghe cavalcate noise o rasoiate elettriche, vicine ai Sonic Youth degli anni '80, tendono a sovrastare una voce spesso lamentosa, che per alcuni rievoca il fantasma di Nick Drake. La sei corde quando è al massimo dell'espressività vomita rumore che comunque non riesce a coprire il canto minimale di Stefano. "Clinical shyness" risulta così estremamente emotivo ed intimista, soprattutto quando si lascia andare a ballate con l'acustica in cui la voce è più chiara."
[Vittorio Lannutti]

da IMPATTO SONORO
"Caro il mio killer, donde iniziare a parlare di te? Forse proprio dalla tua profonda (nonché dichiarata) timidezza. Un po' come mettere le mani avanti. Sono timido, ve lo dico subito, così poi non vi lamentate. Cazzi vostri. Perché la forza e la debolezza di questi suoni sta proprio qui. Nell'ostentare il non detto, nell'arrivare sempre sull'orlo e non passare mai il guado. Si parla di chitarre, soprattutto. Il ritmo non è affar nostro. Tappeti di chitarre. Rumorose, ma calme. Vorrebbero esplodere, ma non lo fanno mai. Le prime tracce arduo distinguerle una dall'altra. E non lo dico come a sottolinearne un difetto. Anzi. La valenza ipnotica è proprio uno dei punti di forza. Sorta di training autogeno per costringersi all'espressione. E poi arrivano i due minuti scarsi di Barrett sottovoce che fanno da fulcro e snodo al disco. Il punto sta qui. Che il killer vorrebbe scrivere (e cantare) questi pezzi, a mio avviso. E dovrebbe, sempre a mio avviso. Il problema è che per il 90% del tempo fa altro. Autoipnosi. La fa bene, per carità. Ma il sottoscritto, poppettaro indefesso, preferisce la canzone, la chitarra acustica e la voce fragile, ma compiuta di quel frammento mediano. L'auspicio, visto che i mezzi ci sono, è che il killer sorpassi un po' la sua timidezza, e approdi a quelle canzoni piccine piccine, a quel Nick Drake che cita in nota per intendersi. Ricami i suoi suoni e le sue chitarre ispide con meno alibi e più sfrontatezza. Altrimenti rischia di parlare allo specchio. E io, egoista, vorrei non dover rinunciare all'essere suo pubblico, interlocutore, controparte. Insomma, promosso. Ma che cerchi di rompere il bozzolo e tessere la seta."
[Fabio Donalisio]

da ROCKLAB
"A volte andrebbero messe ben in chiaro delle cose. Prima di tutto: se suoni con una chitarra acustica NON necessariamente le tue influenze stanno dalla parte di Nick Drake. Secondo: NON necessariamente i referenti di un feedback sfrenato sono i Sonic Youth. Chiarito questo, i My Dear Killer, ufficializzati ora grazie all'aiuto di ben tre etichette - Eaten By Squirrels, Madcap Collective e Under My Bed - sono proprio tutto quello di cui si è appena parlato: sette tracce in cui nenie acustiche sono travolte da ogni genere di segnale modulato e campionamenti (a cui i My Dear Killer non sono di certo nuovi se pensiamo allo split con Prague con tanto di radiocronaca della partita del Manchester) tanto che la maggior parte dei brani affoga letteralmente in un mare di feedback e depressione da cameretta, dalla quale questa musica mantiene la saturazione data da piccoli spazi e il senso di fragilità. Tanto per darvi delle coordinate, pensate alla collaborazione di Ben Chasny con Comets on fire su "Field recordings from the sun": un arpeggio che lentamente scompare sotto una coltre di rumore. Fatelo durare venti minuti, ed il gioco è fatto. Da maneggiare con cura, potrebbe farvi venire voglia di spezzarlo in più parti. Sembra retorico dirlo, ma Clinical Shyness è classico disco da piccoli momenti depressi: adatto quindi una volta ogni tot mesi e basta. "(7/10)
[Giorgio Pace]

da MUSIC CLUB
"Genuino ed al contempo lusinghiero. Come il classico bicchiere d’acqua dopo ore di aridità cerebrale. My Dear Killer è lo-fi e non quello di semplice lettura, è agitato ed elettrico e potrebbe apparire malinconico ai sfortunati senza nemmeno un sorriso da svendere. Dopo svariati attenti ascolti, la qualità del disco emerge nebbiosa tra le righe, l’attitudine narcotica dei suoni si trasforma in un piacevole lago di emozioni, semplice immergercisi, difficile riemerge. Non cito nomi di artisti e/o influenze sonore varie perché ne ho le palle piene e sinceramente, niente e nulla mi viene in mente. Cito la rilevante ambizione di poter entrare al meglio in questo lavoro, ammetto forse di non esserci riuscito a pieno, superare ogni ostacolo per godere al massimo di ogni intimo e recondito trapasso. Non è semplice ma ne potrebbe valer la pena..."
[Massimo Ronchini]

da NOVAMUZIQUE
"Interessante lavoro, questo dei MyDear Killer. Un viaggio allucinato tra svariate suggestioni post-ipnotiche, mitigato da un’atmosfera lo-fi e tagliato da sonorità noise. Le sette tracce di quest’ album disegnano un percorso di non immediata empatia, di una falsa rilassatezza che ha l’ ambiguità di un dormiveglia. Nel booklet c’ è un lungo excursus sul tipo di sperimentazione e di strumentazione applicata al suono, scritto in inglese, di cui non è che abbia capito proprio tutto (proprio perché molto tecnico-descrittivo). L’ approccio compositivo è colorato dei grigi di un intellettualismo latente che comunque non riesce a delegittimare il sapore e le immagini del contenuto e del tessuto sonoro. Se dovessi fare un appunto di critica, trovo che qua e là il cantato, che volutamente aleggia ora fuori ora dentro le linee armoniche, in certi punti evada l’intento originario. Ma mi fermo all’impressione, perché non ho sufficiente coscienza del percorso del gruppo. Le sovraimpressioni che i suoni sintetici danno allo strato delle chitarre (le quali sembrano camminare lungo un concept di continuità non trascurabile) si tingono tanto di un’opacità sconfinante nella dolcezza nei momenti di distensione, quanto di un’isteria e un’inquietudine quasi sussurrata nelle frasi più squisitamente "noisy". Per il primo caso segnalo la traccia n°5 "(I fear) Time", dove voce e chitarra sembrano dare una carezza qui ai primi Suede e là a Robert Smith e ai Cure (non si può scomodare Shellac, Don Caballero o compagnia bella: non è quello il campo. Casomai mi sono venuti in mente, sebbene il legame non sia per niente obbligato, i Sigur Ros). Per il secondo la title-track, affetta da una morbosità ovattata di buona tempra stilistica. In definitva un buon lavoro, da approfondire e da gustare, ripiegato in sé stesso come una malinconia notturna. "
[Flabbio]

da MESCALINA
"Frutto dei deliri e delle inquietudini di Stefano S., giovane ricercatore scientifico all'Università di Londra, nel 1999 prende vita il progetto musicale denominato My Dear Killer. A distanza di sette anni e grazie soprattutto all'intromissione sia di una "syndacation" di etichette e sia di oscure figure della scena nazionale indipendente e non, che ne hanno in parte finanziato l'operato, "Clinical shyness" può finalmente venire alla luce, segnando l'esordio sulla lunga distanza dei My Dear Killer. Parte del merito va sicuramente attribuito alla "syndacation" di labels, composta dalla Madcap Collective (già madrina tra gli altri di Father Murphy, Franklin Delano e Stop The Wheel), dall'Under My Bed (di proprietà dello stesso artista) e dall'etichetta di distribuzione Eaten By Squirrels, le quali unite da un interesse comune hanno insistentemente spronato l'eclettico ricercatore scientifico a riordinare le proprie idee e a ripescare dal suo bagaglio compositivo brani scritti negli ultimi anni (alcuni dei quali apparsi su Ep, compilations, cassette o cd-r) e riproporli sotto forma di un unico lavoro. Viene così concepito "Clinical shyness", un album che combina incredibilmente il cantautorato spigoloso di Nick Drake alle sonorità distorte dei Sonic Youth. Impregnate di un sottile strato malinconico le sette composizioni mettono in mostra un sound che oscilla tra influenze post-rock e richiami al psycho-indie-pop e che viene risaltato dai continui e laceranti feedback oltre che dall'impostazione lo-fi del cantato. Il disco genera sensazioni travolgenti che fanno leva proprio su una voce quasi impercettibile, adagiata con notevole maestria sui fraseggi melodici, a tratti ipnotici, di una chitarra singolarmente malinconica. Racchiuso tra le quattro mura della sua "Cameretta", My Dear Killer circoscrive attraverso le sue melodie brevi, ma intense, momenti d'intimità, facendo eco proprio alla cosiddetta "bedroom scene"(di cui la sua Under My Bed si pone tra le maggiori sostenitrici, ndr). Un'artista che vale la pena di scoprire e di seguire con attenzione, le cui qualità, circoscritte tra i solchi di "Clinical shyness", trovano la migliore espressione nel post-rock in chiave Slint di brani come "A May afternoon" e "Clinical shyness" o nelle tipiche atmosfere di un Devendra Banhart più psycho-noise del brano "(I fear) time".
[Alfonso Fanizza]

da ALTERNATIZINE
"Clinical Shyness è un lavoro fatto di chitarre elettriche, di voci e di feedback. My dear killer è un progetto di Stefano S., che ha raccolto varie tracce registrate dal 2001. Le sonorità sono affogate nei feedback della chitarra elettrica, addolciti da una voce sommessa che quasi rifiuta il proprio ruolo, rimanendo al servizio dell’atmosfera cupa generata da sonorità riflessive e riflesse. Bellissima "To apologise" che racchiude tutta la magia dello stile di My dear killer. Lo stile musicale ricorda le ballate di Nick Drake, e rappresenta una bella novità nel panorama italiano, perché insiste su un minimalismo innovativo e istintivo, apprezzabile e da seguire. "Clinical Shyness" è un disco timido, cupo, intimo, da ascoltare alle 5 di mattina per meditare su cosa davvero merita di essere vissuto senza riserve."
[Stefano Bernardi]

da STORIA DELLA MUSICA
"Un monolite nero con molluschi disegnati, potrebbe già suggerire il contenuto del disco. Un accordo suonato come armonico, un fischio e poi un arpeggio ossessivo che sovrasta un tappeto di accordi distorti. Un assalto all’arma bianca al padiglione auricolare. È A May Afternoon, la prima traccia di questo disco. La tensione scende con la title track, quasi una ballata, con una chitarra timidamente folk e tastiere giocattolo. The Wish Talker si apre con strumenti in larsen per poi sfumare in un delicato arpeggio. Phone Calls riprende la traccia d’apertura nello stile: arpeggio ossessivo e un tappeto di chitarre distorte. Arriva un’altra ballata, (I Fear) Time, per tirare il fiato dopo l’apnea nel mare di suoni, qui la voce si fa’ più riconoscibile ed i suoni degli strumenti sono meno distorti. Questo mood continua in Words dove la chitarra è da sola ad accompagnare la voce col suo arpeggio. To Apologise chiude con un sampling da "2001: Odissea Nello Spazio" un bel canovaccio di chitarra e suoni che arrivano da lontano. Poi silenzio un brusio ci introduce alla ghost track, una canzone folk a suggello di un disco non facilmente classificabile dentro un genere musicale. Un ascolto intenso, a tratti sofferto: non ci sono appigli, o ci si lascia trasportare dalla corrente dei suoni verso un territorio nuovo, nella mente di My Dear Killer; o si sbatte contro un monolite. Il disco è originale, naif e lo-fi ( si sentono anche un po’ di voci carpite durante le registrazioni ). Le uniche note dolenti sono la voce, che si riscatta solo nella ghost track, poco incisiva, anche se funzionale alle atmosfere del disco e poi la mancanza di un pezzo "da singolo" che sovrasti gli altri: il disco si apprezza se ascoltato tutto d’un fiato come un unico magma sonoro, un sogno tormentato. Un disco difficile, pieno, vissuto. O lo si ama o lo si odia."
[Riccardo Bertan]



Forecast/Save Us 7" (MDK/Prague)
[Eaten By Squirrels]

da BLOW UP
"La bassa fedeltà nelle sue forme più disturbate, dolcemente disturbate. Arpeggi reiterati su cui si poggia un cantato felpato, attraversato dalla telecronaca di una partita di football inglese (Forecast). E' il varesotto trapiantato a Londra, Stefaon Santabarbara, in arte My Dear Killer. Sulle stesse corde ta il già celebre Prague, ossia Alessandro Viccaro, che con Save Us si aggira dalle parti di un lo-fi più sofferto, teso al punto giusto. Due buoni, buonissimi pezzi insomma." (7/10)
[Riccardo Bandiera]


da TAXI DRIVER
"Due timidi bozzetti di cantautorato post-rock-emo-lofi; uno a firma Prague e l'altro a nome My Dear Killer. Mettete su questo vinile a 7" pollici (50 le copie stampate) e vi sembrerà di avere qualcuno in camera con voi. Il conforto che cercate nella vostra solitudine. Quando siete così giù che non avete neanche la forza di prendere una chitarra e suonare in versione "casalinga" i brani dei Sunny Day Real Estate. Quando avete bisogno di un amico ma non avete la forza di prendere il telefono. Quando vorreste che ci fosse qualcuno, lì, seduto nel vostro letto dopo che vi siete girati per asciugarvi le lacrime. Questo dischetto sarà lì, pronto a salvarvi e a confortarvi."(4/5)
[Dale P.]

da EMOTIONAL BREAKDOWN
"Split tutto acustico dalla Eaten By Squirrels, interessante etichetta di Latina. Due sole tracce in versione lo-fi, piene di emotività e nebbia. My Dear Killer, alias Stefano Santabarbara, con "Forecast" si muove entro i confini tracciati dai Sophia meno sperimentali ed elettrici e gli immancabili Radiohead. La sua canzone, per alcune cose, accompagna la mente proprio in direzione di una traccia ("Gaggin Order") contenuta in "Com Lag", ep d'importazione pubblicato da Thom Yorke e soci qualche mese fa. Azzeccata e originale l'idea di registrare il tutto con in sottofondo la telecronaca della partita di Premier League Newcastle-Chelsea. "Save Us", ovvero il secondo brano, quello di Prague (Alessandro Viccaro) suona più come una sorta di performance acustica di Billy Corgan (con la sola chitarra e lontano anni luce da quelle stramaledette drum machines che ne hanno traviato il percorso artistico). La canzone è stata registrata con un Tascam 8 tracce a cassetta, ecco quindi anche in questo caso, una sana ultradose di bassa fedeltà. L'emozione e l'intensità della scrittura si percepiscono al volo in entrambe gli episodi e l'ombra di Jeff Buckley si allunga sull' intero mini-disco mano a mano che i secondi scorrono. Insomma, disco accettabile, ma due sole tracce proprio non rendono appieno l'idea delle potenzialità di due artisti che sicuramente meritano giustizia, magari attraverso un più ampio spazio in termini di produzione." (3/5)
[Giov.]

da KRONICK
"Due di due. Sette pollici in vinile, il primo per Eaten By Squirrels, voluto, cercato e realizzato dopo tanta fatica. Per esordire due one man band italiane che di lo-fi e slow core fanno i loro unici pasti. Prague, aka Alessandro Viccaro (ossia l'uomo nascosto dietro il marchio Eaten By Squirrles) già lo conosciamo ed apprezziamo. Nell?occasione propone un brano, ?Save Us", con trame acustiche adagiate su una melodia semplice e delicata, soffusamente sporcata sul fondo in un ipotetico ritorno verso quella dimensione tipica di episodi come "Twenty" (brano di apertura del suo primo album, "I Own Your Favourite Song"), seppur attraverso un approccio meno rumoroso. Ad accompagnarlo Stefano Santabarbara (My Dear Killer) per un potenziale balletto nei meandri più puri della bassa fedeltà, dove la pulizia è negligenza e quindi sono ben accetti suoni estrapolati dall'esterno, come un commento calcistico della partita Newcastle-Chelsea. Progetto gradevole, disponibile in sole cinquanta copie con due copertine differenti. Gli amanti del genere non dovrebbero farselo sfuggire."
[Marco del Soldato]

da MUNNEZZA
"Il sette pollici in vinile trasparente da un millimetro ultra-limitato a cinquanta copie che (i due ragazzi rispettivamente dietro agli pseudonimi di) Prague e My Dear Killer si dividono è una minuscola meraviglia di lo-fi acustico. Due piccoli pezzi di una bellezza ingenua. Pura. Questi due accordi in croce, suonati con estremo trasporto e commovente sincerità da Alessandro Viccaro (Prague) e Stefano Santabarbara (My Dear Killer), valgono un milione di volte di più di qualsiasi pretenziosa sperimentazione. Save Us [Forecast NDR], poi, è, più che disturbata, proprio sommersa dalla telecronaca in madrelingua di un Newcastle-Chelsea. E l'effetto che fa è bello.Beh, adesso vogliamo di più."
[aob]

da COLLECTIVE ZINE
"This is a nice little record. Prague is Alessandro from italy, who runs the 'eaten by squirrels' label. On his side of the record he plays the song "Save Us" which is a really nice acoustic song, with good vocals. It's pretty simple stuff but very nice and a very pleasent listen, i'm really liking this song. I'm not quite sure who to compare him to so I won't bother. This is a nice song I would buy the record for this song alone. My Dear Killer is S! who appears to be from the UK. On his side of the record he plays the song "Forecast" which is a slightly more complicated song comprising of Guitar, Auto-harp and vocals (plus some football match commentary). The song is an interesting composition quite folky, possibly not too different from Damien Rice. Overall I prefer the Prague side but this is a good little record. I believe it's Limited to 50 copies so if your a fan of straight forward melodic singer songwriter stuff get it while you can."
[Sheldon]

da BIG KULT
"Da tauscht man die Aussicht auf ein Leben in Luxus und maßloser Verschwendung selbstlos gegen das karge und aus einer unendlichen Ansammlung von Entbehrungen bestehende Rezensenten-Dasein und als Dank erwartet man sich lediglich, nicht verprügelt zu werden und die schönen Promo Cd's behalten und seiner Sammlung hinzufügen zu dürfen. Und zumindest letztere dieser Erwartungen hat das italienische Label Eaten By Squirrels brutal, mit Hilfe eines lieblos handbeschrifteten CD-Rohlings zunichte gemacht. Mein Herz blutet. Wie sich allerdings soeben, nach sorgfältigem Studium der beiliegenden Gebrauchsanweisung herausstellt, handelt es sich hier um den Inhalt einer auf 50 Stück limitierten 7" Split-LP und so muss ich wohl oder übel, zähneknirschend, meine oben vorschnell getätigte Aussage revidieren.Das erste von den beiden hierauf enthaltenen Stücken mit dem Titel "Save Us" wird von PRAGUE beigesteuert, dem Soloprojekt von Alessandro Viccaro. Dieser schreitet hier lediglich mit Akustik-Besen und Stimme bewaffnet zu Werke, klingt dabei in etwa so aufregend wie meine Waschmaschine im Schleudergang und liegt damit voll im Trend langweiliger Emo-Band-Sänger, die merken, dass die ruhigen Stücke ihrer langweiligen Emo-Bands besser ankommen, als das laute Rumgeheule und deshalb den Pfad des sensiblen, von Gott, der Welt und natürlich den Frauen verlassenen Solokünstlers einschlagen. Auf Seite B beziehungsweise dem zweiten Lied meiner lieblos handbeschrifteten CD präsentiert sich, unter dem Pseudonym MY DEAR KILLER, Stefano Santabarbara, der seinen Gesang ebenfalls mit traurigen Akkorden begleitet. Im Hintergrund läuft dazu während des gesamten Liedes ein Sprachsample, das zusammen mit der Musik genauso gut den Soundtrack zu einer Filmszene liefern könnte, in der der Loser-Typ-Protagonist deprimiert durch den Regen schlurft, während der debile Football-Quarterback-Unsympath den Schwarm des Loser-Typ-Protagonisten beglückt. Das kann sich natürlich antun wer will, die krampfhaft an den Haaren herbeigezogen Nick Drake Vergleiche empfinde ich allerdings als Gotteslästerung der allerübelsten Sorte. Glücklicherweise gibt es sowohl für Fernseher als auch Stereoanlage eine Fernbedienung, deren Anwendung ich hier jedem ans Herz legen möchte."
[Michael Masen]

da SCREAMINGBLOODYMESS
"First release on lathe cut vinyl for Eaten By Squirrels with two Italians one man bands. Prague is this Italian guy called Alessandro Viccaro who plays guitars and vocals. His song ‘Save Us’ is cool. It won’t blow you away. That is what Napalm Death are for. My Dear Killer is another Italian guy who also does the solo acoutstic guitar thing. This stuff is real soft. Not weak, just soft. Good for listening to at home, not at a building site or on headphones at the Nascar track. Only 50 hand numbered copies were made, that is of course if you care about that stuff."
[Tim Scott]

da "POST?"
"Il fatto che qualcuno che dicono abbia inventato il rock'n'roll mangiasse scoiattoli non è scientificamente provato - e si dibatte da tempo su questo importantissimo argomento dalla valenza storiografica - ma l'essere mangiati da scoiattoli, come l'etichetta che ci propone lo split Prague+My Dear Killer è certo non dia come effetto rigurgiti rock, ci giriamo davvero alla larga, mantenendoci tra le pieghe del lo-fi suggestivo e casereccio. My Dear Killer aka Stefano Santabarbara e Prague aka Alessandro Viccaro, entrambi one-man band ed entrambi di stanza a Londra, si dividono con una canzone a testa i lati di questo 7'' in tiratura limitatissima. Due perle di semplice emotività: la prima di Stefano suonata sul commento della premier league inglese di una televisione accesa, che ha lo strano effetto si estraniare, allontanare (l'opposto di quello che succede con certo post-rock atmosferico, che sembra fatto per essere suonato su campioni di voci televisive o frasi recitate di film), proprio per il fatto di non legarsi assolutamente con il ripetitivo flusso di parole della telecronaca a tappeto: traccia caratterizzata da una melodia che non sfoga in un ritornello e si ripete quieta, malinconica e costante, come una ninnananna, ti porta via dolcemente come un pezzo acustico dei Sebadoh. Prague ci regala una direzione diversa dall'ultimo disco, eliminando la batteria e arrangiando una semplice chitarra insistita che gira senza tregua sulle basse dell'acustica e una voce che vaga alla ricerca di un punto fisso, senza la voglia di adagiarsi su una melodia stabile e pop. Tre minuti di malinconici inseguimenti lo-fi. Splendido. Due perle di instabilità, datevi 6 minuti per farvi cogliere dall'esilità di un'emozione. A volte tocca di più la sensibilità uno strumento soltanto che un'orchestra di quaranta elementi. Questo si che è rock'n'roll."
[Alberto Anadone]

Clinical Shyness EP [Advanced Demo Edition]

da KATHODIK
"Lo-fi è la parola d'ordine della Under my Bed Recordings e non possiamo che esserne felici. Ovviamente consci che l'uso della parola è, in questo caso, privo di accezioni negative e anzi mirato a definire l'ambito di realizzazione e, volendo, anche di fruzione. Ne siamo felici perchè l'autoproduzione a ogni costo è anche la cosa che più ci diverte (forse dovrei utilizzare il singolare?), e l'ambito dal quale pensiamo si possa ottenere di più, qualsiasi cosa intendiate fare. Insomma ci vado di continuo a rovistare fra cassette impolverate, scaffali con catalogazioni assurde e ovviamente miriadi di siti web di bands e singoli mossi da spirito creativo. Sono stra-felice di qualsiasi iniziativa individuale che prende forma in questa, ormai sono stanco di ripeterlo, noiosissima penisola. Sono entusiasta, pertanto, dei prodotti Under my Bed e dello spirito che muove le due teste dietro l'etichetta, di cui Stefano (My Dear Killer) è una metà. Musica semplice, triste, acustica. Chitarra, voce e added-noises a creare sottofondi che ben si incastrano in realtà che ci vedono con gli occhi fissi al soffitto e le spalle inchiodate sul letto. May Afternoon è la canzone introduttiva che fornisce coordinate interpretative coerenti con quanto precedentemente detto ; tristelamentoso cantato con arpeggio e modulated noises (radio?). Altri due pezzi rinforzano le impressioni maturate durante l'ascolto: The Wish Talker e To Apologize dove una batteria si inserisce, prima ed unica volta, donando enfasi e portando pezzo e album ad un dovuto compimento. Come calcando il tratto al termine di una forma ellìttica. Acoustic-pop-rock senza sorrisi"

da SUCCO ACIDO
"Stefano Santabarbara è una specie di giovane scienziato nerd che ora vive a Londra e lavora ad un progetto militare segretissimo di cui perderà il controllo con conseguenze inimmaginabili per la vita sul nostro pianeta. Dopo ogni intensa giornata passata in laboratorio lottando con immensi funghi a tentacoli che tentano di fuggire, Stefano torna nel suo buio appartamento e compone queste tristi canzoni, tristi perché lui sa quanto la fine sia vicina. Su questo cd troverete arpeggi di chitarra elettrica filtrata con i distorsori che l'autore si è costruito da sé, e una voce ispiratissima (tenuta a volume molto basso) che canta in inglese di malora e disperazione; può ricordare un Tim Buckley o un Nick Drake, ma elettrico, anzi "analogico" come dice lui. La versione definitiva sarà probabilmente diversa e più lunga di questa "advanced demo edition" che mi hanno dato, perciò vi consiglio di aspettare che il cd venga stampato prima di rotolarci tutti insieme nella tristezza irreversibile." [ONQ]


Mr60:

Mista Sista From Outta Space

da RockIt
"Ho recentemente visto, proposto dalla trasmissione "Assolo", un pungente monologo di Neri Marcorè incentrato sull'esagerato uso della parola "particolare". Il bravo comico interpreta la sua avversione per uno dei termini più (ab)usati della favella contemporanea, portando degli esilaranti esempi rubati alla vita quotidiana: "Come ti sembra Paolo? Beh è un tipo. un po' particolare". O "Ti piace come si veste Giulia? Sì, ammiro il suo gusto eccentrico, particolarmente. particolare". Detto ciò, passo a presentarvi il disco dei Mr60: un lavoro che d'acchito mi è parso. ehm, particolare. L'incriminato epiteto è stata la prima e subitanea etichetta che ho appiccicato su una copertina molto naif (con parti scritte a manina santa, in un corsivo incerto e ciondolante), sul fatto di essere distribuito da una cd-r label danese (la B.S.B.T.A.) e sul titolo fuorviante del demo stesso ("Mista sista from outta space") e delle singole tracks (si spazia da una romantica "Cloud" a una folle "Take care of alligators when you go to Florida, man!" passando da "Los bastardos"). Poi, ascoltando le canzoni sono stato investito dalla "bassa fedeltà" del "Signor Sessanta" ed ho scoperto che è "anima lo-fi" l'etichetta giusta per lo spirito istintivo e provocatorio di questo gruppo veneto, spirito espresso con brani registrati con un quattro tracce, un dischetto hand-made e un atteggiamento sincero e precario. Una vera filosofia di vita, mirabilmente espressa in una recente intervista rilasciata dalla band: "Lo-Fi? E' un po' come aprire le porte della propria cameretta ad una persona: è una cosa sentita anche se non sempre la camera è in ordine. Il letto è ancora da fare, le scarpe sono buttate in un angolo.". E, nelle dieci canzoni di "M.s.f.o.s." quel disordine è proprio papabile e fluisce da strumenti scordati, improvvisati gorgheggi femminili, fruscii. il tutto a dare spessore ad un ammaliante pop e a splendidi pezzi come "Little song", "Naranjito" e "W.w.f.". Un disco decisamente affascinante per un band che si dice influenzata da Mojave 3, Okkervil River e Belle & Sebastian e che spera di trovare anche in Italia un'etichetta attratta dalla sua musica, bissando l'interesse della B.S.B.T.A. e dell'olandese Living Room Records (licenziataria di "Postcards": compilation che ha recentemente ospitato Mrsixties)".
[Federico Linossi]

da Indipepop
"Uno si trova davanti a un tale titolo e medita di cassare il disco che ha davanti, attribuendolo alle nuove leve hiphop o simili paraggi. E invece. Avessero scritto "Strumenti scordati" sarebbe stato tutto più chiaro. Scordati nel senso ambivalente di 'non messi a punto', sghembi, intermittenti; e di 'dimenticati', nel tempo o da qualcuno. E ci sta anche la specificazione: chi avrebbe potuto abbandonare i ferri del mestiere, diciamo in un pagliaio, se non qualcuno che ha deciso di non suonare più? Chi può avere lasciato per esempio un glockenspiel? 'Mettiamo un annuncio?' si saranno detti i giovani che casualmente l'hanno scoperto. 'No, proviamo a suonarlo noi', fu la risposta. Così narra la leggenda, che anziché inviare un corriere a Glasgow dai Belle And Sebastian, o a Calexico Town, oppure a Parma dai Pecksniff, Marco Lorenzoni e i suoi si sono messi a darci dentro. E lo hanno fatto con tale costrutto che, un ep dopo l'altro, tutti ravvicinati nel tempo, sono approdati a pubblicare per questa bizzarra syndication di labels, la genovese Marsiglia (che ha nel roster i Senpai e i Prague, pure impegnati a tenere alta la bandiera del pop fatto in casa) e la danese BSBTA, acronimo che nasconde la locuzione Bloated Sasquatch Beer Theatre Audio, la quale ultima intende promuoverli e distribuirli nel fertile circùito del nord Europa, dove suonerebbero di certo non convenzionali nè derivativi. Non solo: il trio della Marca trevigiana si è aperto anche altre porte, per esempio le altre etichette indie Ugly Dog e Livingroom, che -ancora curiosamente- assieme hanno dato alle stampe la raccolta 'Postcards', dalla bellissima cover, includente una ventina di situazioni per lo più olandesi, nella quale i Nostri figurano come unici italiani. Difficile valutare d'acchito l'attinenza fra il moniker che si sono scelti, e il concetto di Sixties. Forse i Sessanta davanti a un caminetto in Nebraska, che non sarebbero poi così diversi dalle altre decadi; oppure l'approssimarsi a certo folkpop inglese. Certo è che loro stessi per primi esulano da qualsiasi facile accostamento: si autodefiniscono 'il fantasma di un motociclista beat che rivive in una piccola tastiera giocattolo, rotta, trovata in cantina da mio nonno'. Sarà, ma io ci vedo anche dell'altro in queste piccole storie: difficile trovare nell'opera completa dei Mr60 affreschi di lunga durata, piuttosto schegge volatili, loop trascinati con studiata pigrizia, battiti di mani, carillons, frasi smozzicate, bassissima fedeltà, impalpabile portata-di-mano, l'essenza della tweeness come ci viene impartita dall'altrove. Da un momento all'altro potrebbero smettere di suonare e sedersi, e riprendere per un mezzo minuto di folgorante ispirazione, per poi iniziare da capo con un altro pezzo. lontani dall'essere improv- o avant-, sono semplicemente alt-tutto, provvisori. E quando una vocina di giovane donna si libra in gorgheggi [come nella relativamente stagionata 'His way through UK (it seems ok)', episodio cui ho lasciato il cuore un inverno fa], essa incrocia casualmente una tastierina a mano, il frullo di un passero, un coetaneo che fischietta e batte il tempo col piede, uno sterrato calpestato da ben pochi passi. Ecco, questa è musica per pochi passi. Pochi passi da percorrere, e piano, e fermandosi pure, ché il vento ha appena parlato, e portato con sé una nota distante, che vola alta e scende bassa ad aggiungersi strada facendo con occhi sofferenti e tremoli, come chi è stanco del mondo là fuori, the outer space. Più America che Europa, comunque. Per tornare a bomba all'album in trattazione, non sfugge come perfino il lettore realplayer fatica a trovare una definizione omogenea per i singoli brani: per la minuscola 'Take care of the alligator when you go to Florida, man!' (più lungo il titolo che non il pezzo.), ad esempio, il software sciorina un eloquente spazio bianco riempibile in maniera centrata solo da termini extramusicali, quali 'malinconia e tramonto e nostalgia di vecchio'; mentre 'You don't care but I'm trying', paradigmatica se si vuole di tutti i contesti artistici che operano in d.i.y. ('a te non fregherà, ma io ci sto provando'.), gode nell'essere dubbata di un 'blues' che a conti fatti ci sta, sempre se lo si intende nell'accezione più rurale e scarna possibile. E pure questo disco e questa band stanno qua in bella vista, prima che sia troppo tardi per parlarne come di una gemma nascosta e passata: non può essere che l'Europa sotterranea si accorga di loro, e qua ci si alambicchi nel trovare nuovi modelli cui far ispirare la prossima big thing del condominio di qualche discografico."
[Enrico]


Springtime? EP

"Provate ad immaginare Belle&Sebastian con il cappello da cowboy, che usando strumenti presi dal rigattiere si cimentano a reinterpretare pezzi di Calexico, Black Heart Procession, Scott 4 ed Elliot Smith. Ecco: vi siete fatti un'idea di cos'è Mistersixties, la novità più fresca che l'afosa e operosa pianura padana ci abbia riservato, qualcosa che sta a metà tra il fienile dietro casa e un osteria aperta fino a tardi. Canzoni ora malinconiche ora ubriache, che hanno già fatto innamorare di loro Christian Kann della BSBTA Records di Copenhagen ( http://www.bsbta.dk/ ) che si è offerta di distribuire il loro EP in Nord Europa e intanto pubblica un loro pezzo assieme a quello degli amici Lorca e ai liguri Morose nell'EP Club di giugno, una mossa suggerita da Martini Bros che si è fatta realtà. Procuratevi i loro tre EP, apritevi una birra fresca, e affanculo il nord-est."
[Onga, MartiniBros.]

da We vs Death
"The handclaps, a moody violin and the doubled/tripled male-female vocal parts make this recording intimate and highly enjoyable. There's no way that lo-fi is still an adequate discription of this music, I prefer to call it indie-folk A modern version of folk music definitly, although 'the lullaby of the dancing bear' could be an all-time favourite to sing your children to sleep."
[Gerben]

da Undertoner (Denmark)
"It's probably one's own taste that decides if one likes monotonous music or not. In 999 out of 1000 cases, I think it's damn boring. As a matter of fact, I have been known to accuse people who make monotonous music, of being too lazy and lacking in ideas to be able to compose anything proper. There is, however, music which is made for meditation / relaxation... and there, monotony is appropriate, I guess.Maybe that's not the most friendly way to start to a review of the Italian group Mr. 60's little EP "Springtime?", but they're nowhere near as bad as what is described above. But I still think it would be in its place to attack them for slight laziness. More on that in a minute. "Springtime?" is one of three EPs that Mr. 60 have released on Denmark's, perhaps, most cool and crazy label, BSBTA. The track "E.S.Told Me a Secret" has been on one the label's EP Club releases, and that is not so strange, as it is a nice song which brings Leonard Cohen in his most toned down moments, to mind. That is, with a fingerpicked guitar and a melancholy vocal melody; in addition, violin, synthesizer and handclaps create progression in the song. The vocal aspects are right on the mark, and that's wonderful, because Mr. 60's lead singer has a good voice and sings with a very charming accent (which actually sounds a bit Swedish - therefore, I'm doubtful that they really are Italians). But, but, but... even in that relatively short song, one starts to feel the need to hear some more 'madness'. The guitar part is the same throughout the song, and the supplementing rhythms and sound effects act as if they were thrown in just to create a bit of change and 'deliciousness' in the mo notony. It would, instead, probably have been a bit more interesting if they had tried to compose with the many instruments they have available. On a compilation, a slightly gentle and same-y piece is acceptable if a more 'flipped out' song comes after it. Especially since Mr. 60 are actually quite good at making those kinds of songs. But on their own record, the effect is undeniably somewhat of a bore when they consistently go with a rhythmic part that gradually gets decorated with violin, synth melodies, glokkenspiel, et cetera. The piece that, on the other hand, stands out the most is "Kansas City Big Rodeo", which doesn't utilize a rhythm guitar, but rather, an organ reminicent of Nick Cave in 1985 - and, yet, it is also present throughout the song. The record's high point is "The Broken Light", which has a really delightful guitar part. Here, the group has certainly composed a proper melody part, which isn't just sludge thrown on top of an omnipresent rhythmic part. The melody is played by a very tuneful electric guitar, which gets supplemented by 'brushed' drums that sound worn out in a cool way. (The piece repeats, maybe, 25 times too much, but never mind.) Mr. 60's record is nice enough, but I still think it carries a sense of laziness with regard to the songwriting. It's a shame, because they clearly have a knack for calm and airy folk-pop-esque songs. It all becomes sort of slow and therefore, it ends with the nearly unthinkable result of things beginning to be boring, even though "Springtime?" is only eighteen minutes long. It's nice enough for a quiet evening by the fireplace, but for other situations, it's probably a little too light." Rating: 3/6.

The Frozen Fracture:
The Thermal Sink(Mk. II)
da FRIENDS OF THE HEROES
"The first stop I believe is Italy where the lovely people at Under My Bed Recordings release things by a band of post-rock loving Italian boys called The Frozen Fracture. The band itself is made of two members- Stefano and Lorenzo. They formed during the winter of 97. Since then, they changed the format of the band from an acoustic to a electric guitar band and supported Do Make Say Think in Milan. The cd itself is a 7 track mini-album, and the band have a distinctly wintery sound to them. The guitars are complex and beautiful and like a snow storm - although they seem heavy at first, after a while they seem to fade into the background and drift away into the winter. Just like snow, the beauty and majesty of it melts away; but unlike the snow the great thing about this cd is you can play it over and over again untill the winter comes and we can gather around a warm fire and watch the snow fall together and play this cd, in the hope it might stay beautiful forever. As I left the snowy fields of Italy behind I felt a little low. I knew it was time to move onto warmer climates and where is warmer than... Brazil! I went to Brazil in the vain hope of tracking down Pastel, the lead singer from the lounge, boss nova cover band Pastel Vespa"
[David Strange]

da KRONIC.IT
"All'interno di una scena italiana strumentale sempre più numerosa, i The Frozen Fracture hanno l'occasione di ritagliarsi uno spazio proprio ed abbastanza visibile. Non ci troviamo, infatti, di fronte alla solita ripetizione simil-Mogwai (con cavalcate forse coinvolgenti, ma spesso scontate), in quanto il trio sembra dirigersi verso quell'area statunitense che va dai Gastr Del Sol ai Rodan più destrutturati, passando, seppur solo per una visita di cortesia, dalla Chicago dei Tortoise. Minimali e doverosamente privi di voce (eccetto "Polarized" che sembra aver appreso la lezione degli Slint di "Spiderland" ), il gruppo si muove con un incidere lento, destinato ad entrare in dimensioni inquiete caratterizzate da istanti noise spesso più attesi che effettivamente realizzati. La passione per una certa scena americana viene evidenziata non solo da alcuni palesi legami con formazioni più o meno nascoste dell'area post, ma anche da un atteggiamento che, seppur con un'impostazione sonora differente, rimanda a quelle atmosfere fosche e dense di tristezza dei Black Heart Procession. Sono tutti ottimi riferimenti e i The Frozen Fracture, aspetto non secondario, riescono in più di una occasione a dimostrarsi originali, evitando una banale riproposizione di sonorità già sentite, anche se, a tratti, la loro appare un'evoluzione ancora in potenza. Il dubbio è che l'approdo finale non sia ben chiaro nemmeno al gruppo, ma per ora ci si può accontentare di una navigazione che non dispiacerà ai cultori del genere di confine."
[Marco Del Soldato]

da POST?
"Segnaliamo anche The Frozen Fracture, che aprono il loro cd con una connessione via modem, per connetterci verso la sperimentazione casalinga strumentale chitarristico/lo-fi delle 16 tracce dense di melodie e sospensioni di The Thermal Sink. Un paradiso in cui perdersi per molti, pericoloso inferno per altri: attenti a non farsi portar via dalla troppa libertà di espressione, si rischia di percorrere la tangente."

da SUCCO ACIDO
"Questo è un duo: Stefano (My Dear Killer) ed il chitarrista dei defunti Nasten'ka. Come ho sempre detto, l'universo è un grande cerchio che si chiude, e per una volta le stesse regole del macrocosmo si applicano anche al microcosmo della Under My Bed. Nelle 7 tracce che compongono questo breve cdr non troverete altro che due chitarre elettriche che si intrecciano ora in modo sonico, ora in modo matematico (perbacco, c'è anche un 5/4!). Date le premesse, questo cd non risulta assolutamente noioso, anzi, aggiungendo una batteria forse ricorderebbe i Giardini di Mirò, per non scomodare David Pajo. Gli intrecci sono molto orecchiabili e godibili, anche quando sembra di ascoltare un esercizio di solfeggio suonato invece che solfeggiato. Mi piacerebbe, un giorno, trovare un disco dei Frozen Fracture più lungo, con pezzi più compositi e complicati e con una batteria alle spalle, ma a pensarci bene non sto che descrivendo "Spiderland", che non è dei Frozen Fracture! Diciamo allora che questo disco si può considerare uno studio su un certo modo di scrivere musica per due chitarre, il compito a casa della lezione data dai chicagoani nel decennio passato (già revival, quindi)".
[ONQ]


The Fog in the shell:
Beyond the absolute and the nothing
da SODAPOP
"Un po' troppo prolissi The Fog In The Shell, che hanno dei pezzi veramente buoni, ma dovrebbero scremare meglio nella grossa quantità di materiale che registrano: The Absolute And The Nothing è infatti un doppio CDR per un totale di ben centrotredici minuti! Le loro ballate acustiche tra Smog, Oldham e Hood, inframmezzate a volte da brevi strumentalini, sono molto azzeccate, anche grazie all'uso qua e là di elettronica da cameretta, armonica e archi: una maggiore cura nella scelta dei pezzi darebbe più concisione all'insieme del disco, rendendo il tutto decisamente convincente, così invece rimane un po' di amaro in bocca..."

da SUCCO ACIDO
"Questo nuovo lavoro di Marco Guizzi è molto utile per capire su quali principi estetici si basi l'etichetta "Under My Bed" di cui Marco è appunto il capo. Come si può intuire dal titolo, si tratta di un lavoro molto ambizioso: un concept di due ore diviso in due cdr ("the Absolute" e "the Nothing") complementari e pieni di corrispondenze simmetriche. La base rimane quel folk acustico ed intimista che avevamo già ascoltato nel precedente "Sorry", ma si nota, in questo, una maggiore varietà di suoni e strumenti: percussioni elettroniche ed acustiche si sovrappongono fuori sincrono in "Wooden bars", maracas e sirena della polizia (incidentale!) in "Your star was already drunk", campionamenti di pianoforte in "Now you are a tree", elettronica da cameretta nei vari intermezzi "End" e in "I see you everywhere", spruzzate drum'n'bass in "Manta Cocchi". Su tutto, sempre la chitarra e la voce di Marco, e uno stile debitore di dozzine di dischi da tutti i decenni che possono venirvi in mente. Molte buone idee diluite in un lavoro che avrebbe potuto durare la metà, ma che fretta c'è? Incasinato tra grovigli di cavi e bigodini di polvere nella sua cameretta, sembra di vederlo, indeciso se incazzarsi per il fruscio o includerlo nella lista degli strumenti. Il fruscio, alla lunga, diventa un secondo ascoltatore e finisce per tener compagnia."
[ONQ]

Sorry

da
KATHODIK
"Un'altra One-Man-Band dalla Under My Bed Records, altro lo-fi pensiero in suono. The Fog in the Shell è il progetto solista di Marco (una delle due teste dietro la label) fin dal lontano 97, anche se in forma embrionale e atraversando diverse fasi. Dopo un pò si passa da microfono e stereo di casa a pc e masterizzatore, si perdono di vista gli scopi iniziali, insomma succedono diverse cose, escono diversi demo-promo ecc. Ed infine ecco qui l'ultimo prodotto di The Fog in the Shell, undici tracce di lo-fi malinconico e rigorosamente autoprodotto nella propria stanza (bella In my Room). Ci piace per attitudine (ovvio) e per risultati questo 'Sorry'. Niente male Passage, arpeggio, delay e toni gravi di chitarre distorte in lontananza. Autumn ci apre gli occhi sull'inverno di una new wave (molto slow folk) decelerata che non ci appartiene più. Glassmaden Hopes chitarra voce più click e pop riverberati.E' tutto ok, tutto ok. Se è per questo mi sono divertito anche con l'Outro: chitarra in controtempo e basso che disegna geometriche linee pop. Consigliato per session cameristiche di discussioni svogliate sulle ultime uscite bibblio-cinematografiche."


AA.VV.:
Mixed Tapes Kept Under My Bed
da FREEMUSIC.CZ
"Zásadní dramaturgickou chybou této kompilace je, že nejméne zajímavé skladby jsou soustredeny v první tretine. Díky této skutecnosti je první poslech únavné martýrium, pres které když se prenesete, zjistíte, že ne všechno je tak špatné jako neslavný zacátek. Konkrétne se jedná o tyto kapely: My Dear Killer, Smou, Ben Voyage (ti mají i pres hodne amatérský zvuk a muzikantskou nesehranost alespon jakýsi melodický náprah). Do této cásti patrí i Bellong To Me s nudnou zvukovou koláží bez rytmu. Naopak nejlepší tracky jsou paradoxne až na samém záveru. Na lepší príští se zacíná blýskat pri poslechu zahloubané Autumn (HTPAGITO version) s houslovým partem projektu ThefogINTHEshell. Kapely ONQ a Morose jsem vám predstavil prostrednictvím recenzí radových nosicu a jejich úcasti na kompilaci vydávající znacky Ouzel rec. Obe kvalitativní latku udrželi i zde. Co se týce užití elektroniky, znejí zde ONQ ve Fereninger oproti radové desce hudebne tradicneji. Morose (One foot in the grave) pokracují v lo-fi tažení a z tuctovosti je pozdvihuje nosný riff. The Colours Seen From Behind se tehdy objevili na stejné kompilaci. Puvodne matný dojem plagiátu Low napravují zavcas akordeonovým partem, který svým melodickým šarmem skladbu hhhh cástecne rehabilituje. Ze starých známých nacházím ješte Milaus a Smou, ti se pro zmenu objevili na kompilaci firmy Loretta rec. další dukaz provázanosti a ochoty k spolupráci uvnitr independent scény. Zatímco Smou jsem uvedl v úvodu jako soucást toho méne zajímavého, Milaus príjemne prekvapují swingující rytmikou a lo-fi etikou. Zvukovou neucesanost predstavují Thefinger, jejich Flyinbackintime mimo to v sobe snoubí folkovou krehkost s melodikou hippie bandu 60. let. Something Faded (Susy) pridávají rytmikou na razanci, ale v podstate jde o neco podobného. Pop v lo-fi balení s lehce infantilním kytarovým sólíckem (pozor na ladení!). Folková provedením (akustická kytara+zpev), rocková prístupem, tak by se dala ocejchovat písnicka Kites Collapsing projektu My Shell, ale uprímne receno: je to nuda k uzoufání. Konecne se dostávám k tomu nejzajímavejšímu, co tato kompilace nabízí.. Skupina s ruským názvem Nasten´ka nabízí mrazivou kompozici Lipstick s emocionálním dívcím vokálem, drásavou kytarou a gradujícím hlucným finále. Majstrštyk kompilace Le spazie vellica má na svedomí formace Comfort, jež cerpá inspirace z jazzu, avantgardního rocku i punku Ackoliv je to skladba složite strukturovaná s mnoha zvraty, neztrácí dynamiku a baví až do konce. Její jediná vada je, že není delší. To jméno si zapamatujte! Za zmínku ješte stojí premýšliví Ultraviolet Makes Me Sick. Ti obdelávají podobný úhor jako naši Waawe. Poslední do mozaiky zbývají The Frozen Fracture se skladbou na pomezí post rocku a experimentální hudby - Echo envelope modulation. Prestože je spousta tracku "opatrena" nekvalitním zvukem a na nahrávkách je znát, že chybí peníze a lepší realizacní podmínky, není to v tomto prípade až tak duležité. Podstatné je, že ackoliv se ne všechno povedlo, pomerne velká cást zúcastnených kapel má potenciál zaujmout otevreného posluchace konvencemi nesvázaným prístupem, entuziasmem a neotrelými nápady. Naleštených produktu bez duše je kolem nás dost a dost. A to neplatí jen o hudbe! Vycerpávající množství informací o této kompilaci a hudební ukázky najdete zde."

da SODAPOP
"Senz'altro molto riuscita è la raccolta di gruppi Mixed Tapes Kept Under My Bed, che raccoglie un buon numero di nomi dell'area lo-fi/postrock italica. I migliori del lotto sono parecchi, visto che in pratica tutta la compilation è ben riuscita: d'obbligo citare però My Dear Killer, con la voce e la chitarra di Stefano, Onq, Ultraviolet Makes Me Sick, Morose, The Finger, Milaus, Smou, con un accento alla Beatnik Filmstars e per finire il postrock sconnesso dei Comfort. Una bella raccolta per dare una occhiata a cosa succede in casa nostra."

da MUNNEZZA
"Chitarra, personal computer, software rigorosamente piratati, piccoli campionatori rimediati chissà dove, sbattimenti vari; e poi registrazioni domestiche di fortuna e mixaggi improbabili. E alla fine una cassetta, che magari rimane dimenticata per sempre sotto il letto insieme alle altre cianfrusaglie della tua stanza. A volte capita invece che qualcuno si metta in mente di raccogliere simili espressioni musicali, per lo più private, in un lavoro interessante e ben fatto come questa compilation su cd-r (in purissima attitudine lo-fi) che esce su Under My Bed Recordings, ed ecco che allora il tuo lavoro intimo può diventare in un attimo di dominio pubblico… Che tu lo abbia previsto o meno, il discorso cambia poco: ora parlano i sentimenti più genuini; è finalmente tempo di musica che regala emozioni semplici e genuine, senza trucchi. Di musica fatta col cuore e che diventa arte vera, perchè fine a se stessa. Si parte con il lo-fi pop-rock triste solo chitarra acustica e voce (ma con un sample vocale con effetto radio-televisivo sullo sfondo) di My Dear Killer per continuare con lo splendido pezzo del ragazzo inglese che si cela dietro il nome Smou: emo-rock dalla spina staccata che con la sua intensa melodia rimanda addirittura a certe cose di Get Up Kids e New Amsterdams! Ecco poi il folk-rock elettrico unito alla batteria elettronica e alla passione per i migliori U2 (a pensarci, quanto talento sacrificato all'altare del Dio Denaro…) di Bon Voyage. Con questo tris d'assi calati uno dietro l'altro la raccolta in questione tocca forse il suo punto più alto, ma in ogni caso regge brillantemente anche sulla distanza e non delude fino alla fine, riservando sempre piccole grandi sorprese ed ulteriori picchi. Parliamo di una versione con sostegno elettronico della narcotica Autumn di The Fog In The Shell, degli ONQ ed il loro sfibrante indie-rock minimale, del particolare post-rock strumentale leggermente venato di jazz degli Ultraviolet Make Me Sick, dei Morose e del loro americanissimo pop-folk-blues dal retrogusto alternative-rock, e degli sgangherati, simpatici e cinematografici milaus, che con Glue is the clue ci fanno riassaporare certe atmosfere da cafè chantant e certi spettacolini di rivista tipici degli Stati Uniti in piena era-probizionismo. Thefinger tocca i lidi dell'indie-pop-rock di tradizione britannica, The Colours Seen From Behind va oltre e insegue le tracce degli Arab Strap; Something Faded riattraversa l'oceano con il suo indie-rock melodico di marca statunitense, mentre l'ombra di Tom Waits si allunga sulla canzone di My Shell. Per chiudere in bellezza, poi, ci sono i Comfort con otto (!) minuti di strepitoso free-noise-jazz sperimentale e confusionario dalle pause improvvise e dai repentini ed impronosticabili cambi di rotta: progetto più ampio, ostico e multicolore di questo è difficile immaginare! Ambiziosi, cabarettistici e destrutturati, mettono la freccia a sinistra, sorpassano ed infine doppiano i Joan d'Arc! Geni incompresi o semplicemente fuori di testa? Mah… ai posteri l'ardua sentenza… Io propendo per una via di mezzo: per lo meno hanno coraggio ed idee da vendere. In questo dischetto - che, pur "fatto in casa", è avvolto in una confezione di cartoncino molto caratteristica, si avvale di una copertina semplicemente meravigliosa e contiene anche un bel foglio A4 piegato con tutte le informazioni riguardo ai protagonisti - ci sono sedici tracce totali proposte da altrettanti gruppi e one man band: come vedete un lavoro monotematico solo nell'approccio indipendente, ed in realtà estremamente eterogeneo nei singoli episodi. Un cd perciò destinato non necessariamente solo agli amanti del genere (dato che non esiste un genere… "Mixed Tapes Kept Under My Bed" non ne privilegia nè rappresenta uno in particolare!): io vi consiglio di provarci anche se i vostri gusti musicali sono principalmente altri ma avete voglia di evadere un attimo dalla solita routine. Vedrete che ne resterete come minimo soddisfatti; alcuni di voi, invece, rimarrano addirittura ed inaspettatamente folgorati e rimetteranno in discussione alcune certezze personali: questo in fondo è il piccolo miracolo della musica, e si ripete da secoli."

da SUBROCK
"Compilation tra la prime produzioni della neonata Under my bed recordings, una produzione su cd-r molto lo-fi, in stile Ouzel Records tanto per intenderci. All'interno del cd, molti "pionieri" del genere in italia, quali Onq, Morose e Milaus, ma anche nuove proposte interessanti: the fog in the shell, the colour see from behind, o altre di genere leggermente differente anche se sempre legato a connotati lo-fi, come gli Ultraviolet makes me sick. All'interno del cd troviamo anche i Something faded, con il loro indie rock da noi gia recensito come altre band presenti in questa compilation. il pezzo in questione Susy, pero' non lascia la buona impressione che aveva lasciato il loro demo, pur non deludendo. In definitiva, un piccolo assaggio della strada intrapresa da questa micro indi home label: lo-fi, indi rock, sperimentale, ecc... Non conosco il prezzo del cd, ma sicuramente non sara' proibitivo, se vi piacciono queste sonorita' fateci un pensierino!"

da KRONIC.IT
"Quello che vorremmo fare è porre l'attenzione su ciò che altrimenti rimarrebbe del tutto sconosciuto, su musiche il cui valore prescinde dalla propria confezione, reperibilità o possibilità economiche di chi la produce. Siamo convinti che la musica, per essere buona, non debba necessariamente essere frutto del solito iter produttivo, ma che possa essere convincente anche solo grazie al proprio contenuto". Sono le parole di Marco e Stefano, le due "menti" della Under My Bed, etichetta localizzabile fra Milano e Londra che si presenta con la compilation "Mixed Tapes Kept Under My Bed". Parole che non possiamo non sottoscrivere, anche se qualcuno potrebbe accusarci del solito "utopismo indipendente". Liberissimi di farlo e di restare indifferenti sia a questa uscita che all'etichetta, ma, credetemi, un comportamento simile rappresenterebbe l'ennesima occasione perduta. Se amate le suggestioni più intime, tendenzialmente malinconiche e molto deviate, non potete trascurare i sedici gruppi chiamati a far parte di questa compilation, abile nel mostrare l'indirizzo basato sull'essenza, e non sull'apparenza, scelto dalla Under My Bed. Brani che vagano fra il post rock e il lo-fi, fra l'indie più puro e lo slow core, dove le battute a vuoto sono difficilmente riscontrabili. Alcuni gruppi già li conosciamo e solo il loro nome dovrebbe attirare la vostra attenzione. Milaus, Ultraviolet Makes Me Sick , Morose, Onq e Smou (ricordate i Prague? Bene, trattasi sempre di Alessandro Vicaro..) regalano le solite emozioni: inquiete nelle digressioni strumentali degli UVMMS, lente e suggestive con Onq e Smou, cupe e cerebrali da parte dei Morose e rigorosamente in "bassa fedeltà" per i Milaus. Se in questi casi la sorpresa è relativa, non possiamo non ammettere la sincera ammirazione provata nell'ascolto dei My Dead Killer (ossia il nomignolo con cui si cela lo stesso Stefano della label): un connubio fra cantautorato e Slint, non distante dai Calla di Aurelio Valle. La peculiarità di una sola persona nascosta dietro uno pseudonimo caratterizza altri protagonisti dell'album: impossibile sottovalutare Thefinger (ossia Franco Di Terlizi) e il suo grezzo indie a stelle e strisce, mentre i The Frazen Fracture sono un duo che si fa apprezzare per una scelta strumentale originale, in un ambito italiano rivolto soprattutto al post rock alla "Bristol Psycho". Ultimi nella citazione, ma non in una ipotetica scala di valori, due gruppi che potrebbero rappresentare i confini delle sonorità trattate: da una parte i coinvolgenti Something Faded, con la loro "Susy" figlia degli insegnamenti del primo Pedro The Lion, mentre dall'altra troviamo i Comfort, affascinanti nel rivisitare temi cari sia alla Chicago dei Tortoise sia alle presunte improvvisazioni degli Storm & Stress. Una compilation, a volte, è considerata come una tediosa inutilità.Non è questa l'occasione. La Under My Bed è comparsa e la prima impressione è assolutamente positiva. Certo, dovete apprezzare determinati generi, essere, forse, più legati alla sfera statunitense che a quella anglosassone, accettare qualche inevitabile elemento derivativo, ma la qualità non manca. E allora, per una volta, potete rinunciare alla mega produzione di una major per conoscere una nuova realtà che potrebbe rivelarsi molto intrigante."


Something Faded:

Everyday Boredom
da MUNNEZZA
"Il primo lavoro targato Something Faded è una piccola creatura emotiva che si dibatte tra folk-pop, post-rock e cantautorato di chiara matrice americana, il tutto filtrato da un approccio decisamente lo-fi. Lo stesso che contraddistingue gli ultimi interessi di Marco Guizzi, testa pensante della Under My Bed Recordings e già protagonista di vari progetti musicali, quali Lasofferenza, The Fog In The Shell, ecc… Si comincia dal folk elettrico di Everyday boredom, che ripercorre le strade statunitensi tra malinconie, rimiche circolari e impennate rock-rumoristiche, e da Forgotten lie, in cui Marco e soci giocano con vocoder e drum-machine, tra ritmiche sostenute e un tappeto di chitarre nel contempo dolci e nervose che ricordano il sound di una Chicago di un decennio fa che ora non esiste più. Nella strepitosa ed irriconoscibile cover di You shook me all night long degli AC/DC, trasformata in una cantilena electro-emo-pop, emergono addirittura le sagome di Lou Reed e Bob Dylan: un pezzo che da solo vale il piccolissimo investimento necessario per avere questo cd-r. Si continua così, con un'altra manciata di tracce di indie-pop-rock intimistico immerso negli aromi nostalgici dello slowcore, con un tocco discreto di elettronica povera rigorosamente fatta in casa. E' qui che si comincia a respirare anche aria anglossassone. Equilibrismi precari, emo da sottoscala, tastierine Casio, sprazzi di gioia e di (finta?) ingenuità. E poi bozzetti acustici, pause, esperimenti non sempre portati a termine (ma non è questo ciò che importa), nevrastenie elettriche, lamenti, e persino un buon numero di frammenti sonori che somigliano a canzoni nel senso classico del termine (s iprestano come esempio le due versioni di Forgotten lie): i seguaci di certe sonorità e di un certo modo si vedere la musica non dovrebbero lasciarsi scappare questo antipasto, nell'attesa di poter ascoltare qualcosa di più… (ammesso che sia previsto un seguito). Un dischetto altamente consigliato a chi segue con attenzione e speranza la nuova scuola indie-lo-fi italiana, nella quale vanno certamente inclusi anche i Something Faded."

da ROCKIT
"Con metronomica precisione rintoccano i piatti della drum machine a scandire l'incedere tranquillo e trasognato di questi venti minuti di rockettino che, malgrado non spicchi per originalità, riesce a non passare inosservato. Se "Forgotten lie" sembra cresciuta alla scuola dei Deus. il brio compresso in scansioni melodiche regolari di "Everyday boredom" rimette in discussione il significato di emo-core (che per quel che mi riguarda devo ancora capire cosa voglia dire). "You shook me all night long" è proprio la cover degli AC/DC, ma se non fosse per il testo sfiderei chiunque a riconoscerla - sembra infatti più una canzone dei Palace o di Howie Gelb, due nomi che giocano un ruolo fondamentale nell'ispirazione di questo gruppo. In definitiva le idee espresse non sono molte, ma il giudizio è comunque positivo perché in questo cd i Something Faded si dimostrano un gruppo equilibrato nella scelta degli obiettivi e dei mezzi per raggiungerli, nonché in grado di concretizzare appieno le proprie potenzialità."

da MOVIMENTA
"Something Faded, è l'ennesimo progetto lo-fi di Marco Guizzi della Under My Bed, "the man" come si suol dire. Come testimoniano le righe che accompagnano il cd in questione le canzoni proposte sono più versioni demo che altro, ma ci sono due autentici gioiellini da mettere in una oscura compilation consigliatissima nei momenti in cui hai bisogno di indie che fà rima con lo-fi. Traccia numero uno e due: "Everyday Boredom" e "Forgotten Lie", perfetto punto d'incontro tra il primo Pedro the Lion di Whole ep e una versione in low-fidelity di The Unpredictable Landlord dei Bedhead, voce filtrata e innocenza allo stato puro. Simpatica ed originale la versione che i Something Faded danno di "You Shook Me All Night Long" degli AC/DC (?!?!), sicuramente meglio dell'originale (una bestemmia? forse, ma sono cresciuto a pane e Lou Barlow). LFSchetch5 non è altro che un episodio di pura oscurità da camerettta alla The Fog in The Shell. Per il resto "guizzi", che voglio risentire al più presto nelle loro versioni definitive."

da MUSICBOOM
"Sono davvero una bella creatura, questi Something Faded. Indie-pop di pregevole fattura, ottima verve, ottime idee. Bassa fedeltà di rigore (al punto che la demo version di Forgotten Lie è, per realizzazione, migliore della versione "ufficiale"). Gran pezzo, Forgotten Lie, tra l'altro. Nel CD c'è spazio anche per una incredibile versione di You shook me all night long degli AC/DC (ricordate Mark Kozelek?). A seguire 3 LF Schetch (1, 2 e 3) che nella bizzarria nascondono una profonda impronta pop (soprattutto la malinconia della numero 2). E' divertente, questo CD, ma anche serio. Bello anche perchè breve, così ce lo si può gustare tutto d'un fiato, e riscoprire, al giro di boa, di aver sottovalutato un bel pezzo come Everyday boredom. Mamma mia quanto è bello il lo-fi, ragazzi!"

da KRONIC.IT
"Sette episodi genuini e non propriamente insoliti, ma accattivanti ed accompagnati, talvolta, da atmosfere deviate che potrebbero essere sfruttate maggiormente. Sono i Something Faded, già ascoltati nella recente compilation della Under My Bed. In quell'occasione il loro brano, "Susy", aveva fatto intuire quel percorso slow core che prosegue in "Everyday Boredom", ma nell'album sembra che il tragitto non venga mai portato a termine definitivamente. La direzione, comunque, è quella: Lou Barlow e David Bazan non sono estranei al gruppo, forse più il primo con il suo lo-fi in dimensione pop, ma sono sottigliezze. Canzoni lievemente malinconiche, cupe senza sfociare nel patetico, accompagnate da chitarre elettriche mai eccessive, sempre basate su melodie semplici e con alcuni schizzi nevrotici indispensabili per non tramutarsi in un banale "già sentito". L'iniziale title track intriga per una trama strumentale dotata di una dolce tristezza, su cui è abile ad inserirsi una voce leggermente afflitta, destinata a lasciare spazio ad una digressione finale in cui la presunta disperazione precedente è resa concreta dalla (troppo) breve esplosione. Interessante anche la successiva "Forgotten Lie", l'episodio più obliquo ed attraente dei sette, non lontano dagli Elle meno pop. Ed è su questo che dovrebbero puntare i Something Faded: non temere di essere caratterizzati da un'inquieta schizofrenia, abbandonando le visioni apparentemente più orecchiabili, ma in realtà destinate ad essere inglobate nel marasma delle produzioni attuali. Un mini-album che mette in luce sia ottime potenzialità, sia il rischio di non poter risplendere di luce propria. Il talento e una necessaria follia non mancano, mi auguro non si disperdano in luoghi già troppo visitati. Sarebbe un peccato."


The Popper Pop:
Texas Motel

da AURAL INNOVATION #20
"This is an Italian 3 piece band that plays a sort of punky melodic pop music with some strange twists at times. The singer at times really reminds me of the singer in Motorpsycho and clearly the band have been influenced by this style of melodic pop rock with energy. The band seem to cite as their main influences the Who, the Kinks, the Beatles and Neil Young, but the music is much more modern and not retro sounding to my ears. Not all the songs are high energy. They do mix it up quite a bit and have moody songs, that some have a slight rockabilly twang to them. This might be for you. I enjoyed listening to it but it won't get a lot of play in my home."


Nasten'ka:
1995/1999

da SUCCO ACIDO
"Raccolta / ristampa delle gesta di questo gruppo milanese del secolo scorso; i suoni possono talvolta ricordare ("Unwhitened" e "Bollo" sfiorano il plagio) i Sonic Youth di Daydream Nation, quella comunque è l'intenzione. In realtà, specialmente per la voce femminile praticamente identica, tutto suona straordinariamente simile ai Linus (mi perdonino coloro che non hanno "Yougli" in casa, e quindi non sanno di cosa parlo). Delle 9 tracce che compongono il disco, le prime 5 sono registrate in studio con suoni assolutamente rispettabili, le 4 che restano sono invece registrate con un walkman, ed attrarranno dolcemente il vostro dito verso il pulsante "stop". Direi un ottimo esordio postumo, è un peccato saperli sciolti e dimenticati. Consigliato agli orfani della Elemental records."
[ONQ].

da KRONIC.IT
"Spesso le raccolte commemorative alterano anche le persone più disponibili, grondano di inutilità e dovrebbero avere un unico scopo: essere utilizzate come oggetti contundenti da lanciare contro il nostro peggior nemico. Questa è la norma, ma, come in ogni regola che si rispetti, esistono delle meritevoli eccezioni: una delle mie preferite è quella che riguarda le bands passate sotto silenzio, senza alcun motivo in apparenza logico, se non l'immancabile distrazione di pubblico e stampa (l'aggettivo italiano è scontato…). Bene, i Nasten'ka entrano di diritto in questo gruppo di formazioni. Le risposte italiane alla Gioventù Sonica sono state tante: molte erano da dimenticare il prima possibile, altre sono state stranamente sopravvalutate, poche sono uscite allo scoperto ed apprezzate da una piccola fetta di appassionati (i primi Julie's Haircut, per esempio). Ora, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché il noise dei Nasten'ka non sia fra quei pochi…Domanda senza possibile risposta immagino… Dopo la solita filippica rivolta "a tutti e a nessuno", permettetemi di scrivere due righe su questo album che, per rimediare ad errori precedenti, non dovrebbe mancare ai seguaci di Sonic Youth e Blonde Redhead. Se poi fra i principali motivi di amore verso queste due band compare anche il fascino delle voci di Kim Gordon e della Kazu Makino meno intimista, allora l'attenzione dovrebbe essere doppia .Dissonanze e distorsioni, un rumore che si sa mischiare alla melodia, urla nate da sussurri silenziosi: ottime premesse che riescono a svilupparsi nel migliore dei modi. Nove episodi, i primi legati al periodo '96-'97 e gli ultimi ai primi mesi del '99, abili nel passare da una quiete nevrotica ad esplosioni violente, fra cui risaltano l'inno generazionale dei pendolari universitari, "Lipstick", e la visionaria "Idiotic", uno dei brani preferiti del gruppo, che, a quanto pare, dal vivo si tramutava in un episodio sorprendentemente "soft". Le altre sette tracce non si distolgono dalle solite coordinate, con qualche puntata in un territorio più "albiniano", come "7/4 song", ed alcune sfumature potenzialmente eleganti, come la conclusiva "Song One" Una piacevole (ri)scoperta, che potrebbe incuriosire alcuni di voi ed aumentare qualche rimpianto."
[Marco DelSoldato]


Belongs to me:
Massimo Effetto

da KATHODIK
"Porca troia!! Porca troia!! Sapete quando si trova quel cd sbagliato negli scaffali alfabeticamente ordinati dell'ennesimo negozio di merda, ed è proprio quel cd che cercavate da anni? Sapete quando quella casa editrice che neanche sapevate che esistesse ristampa o stampa per la prima volta un libro che avete desiderato per troppo, troppo tempo? Sapete quando uno è felice? No? Molto moderno! Comunque... beh quando ho messo su questo cd lo sono stato. Quando ho letto che Belong To Me è un One-Man-Band italiano (Carmine Marcello) e che la sua produzione è praticamente sterminata... ho sentito la vecchia acqua salata scendere lungo le guance e mi sono rivisto piccolo, seduto sul pavimento gambe incrociate a distruggere giocattoli vecchi per costruirne di nuovi... permutazioni. Belong To Me è questo e altro; nenie sussurrate con contorni di progressioni chitarristiche assurde, frammenti di melodie che appaiono e scompaiono, puntilismo di batteria elettronica, lo-fi neuronale, testi in italiano che vanno dal disarmante al poetico. Jandek, Smog e Barret solista, questa la trinità protettrice del nostro, che ovviamente ci mette del suo per quel che riguarda la personalità. Anti-Bugo? Ci potrebbe stare. Di sicuro in comune i due hanno quella voglia di autoproporsi che... è così poco italiana. E meno male che ce l'hanno. Meno male. Ne vogliamo di più. Ne vogliamo altri. Vogliamo qualcuno che parli, suoni, scriva così... di getto, e buona anche la prima, e adesso mi va di cantarla così. Come? Non è il massimo? C'è qualcosa? Una sensazione qua? Una la? Un giretto? Quelle due parole? Allora ok. Questa la pubblico con sto titolo. Poi ne faccio un'altra. Che problema c'è? Yeaaaaahhh!! Date uno sguardo all'ampia produzione di Belongs To Me su Under My Bed Recordings, di sicuro troverete l'oggettino per le vostre occasioni mondane, o per la festicciola mentre i genitori non ci sono. Per quel che mi riguarda... voglio tutto!! p.s.: ah se volete un titolo di probabile hit, per me 65 anni di sicuro, lo spartiacque del cd, da jandek a smog (quello che comincia a rendersi conto dell'esistenza di melodia, note, pause, ecc.)."
[Luca Confusione]

da SUCCO ACIDO
"Presentato dall'etichetta come "l'anti-Bugo", a noi verrebbe piuttosto da presentare questo tipo buffo come il Jandek italiano. Un caso di musicista (?) davvero influenzato dalla musica che NON gli piace, il ragazzo registra una voce NON cantata e una chitarra NON suonata; a volte compare anche una batteria elettronica NON programmata, e in quei momenti possono venire in mente i primissimi Arab Strap, specie quando una sequenza di accordi viene ripetuta (evento piuttosto raro per dire la verità). In "Fuori tempo, Max" compare addirittura una batteria vera e sembra di ascoltare una di quelle cassette degli Small Things quando facevano cassette. La voce sembra però seguire sempre ciò che una volta potevano essere linee melodiche sanremesi, e canta testi (in italiano) assolutamente insensati, credo improvvisati. Pare proprio di ascoltare il disco di un cantautore sordo e ipnotizzato, e l'ascolto si fa piacevolmente insopportabile dopo i primi 2 minuti. Non ascolterete mai questo estenuante cd tutto intero, anche se paradossalmente pare si tratti di un "best of" estratto da una dozzina di cassette spedite dal tipo all'etichetta. A suo modo "estremo", questo cdr vi guadagnerà di certo la fama di "quello con i dischi assurdi in casa" nella vostra cerchia di amici, se ci tenete. Dopo Bugo, vediamo se la Universal ha il coraggio di offrire un contratto anche a questo qua."

da KRONIC.IT
"Sembra essere un periodo favorevole, in Italia, per un lo-fi tendenzialmente folle nei testi. Dopo l'inaspettato (ed eccessivo…) successo di Bugo, arriva un nuovo cantautore dissacrante e surreale, amante dell'assurdo e delle melodie semplici ed estemporanee. Belongs To Me viene annunciato come "l'unico e solo anti-Bugo" e, dopo aver ascoltato "Massimo Effetto", sembra che le qualità ci siano tutte per coprire con dignità questo ruolo, essendo legato a quelle schizzate caratteristiche che intrigano nei primi ascolti, pur restando ambigue sul loro vero valore. Tredici episodi in cui dominano liriche immerse in una pazzia deviata, ma logiche nella loro irrazionalità, con vaghi ricordi di un Syd Barret sotto effetto acido e di un Malkmus impegnato a suonare da solo in una dispersa campagna statunitense. Volendo, potete aggiungere pure un pizzico della malinconia di Luigi Tenco e qualche grammo di tristezza presa da alcuni autori statunitensi dell'area folk. Mischiate il tutto in una salsa tipicamente lo-fi ed il piatto è pronto. E si gusta con piacere, soprattutto se paragonato al presunto nuovo genio della musica italiana citato poco sopra, perché appare più genuino e, se possibile, ancora più paradossale e stravagante. Ma forse Belong To Me non otterrà subito un contratto dalla Universal: siamo in Italia... non possiamo pretendere troppo dai colossi major. La domanda di fondo resta, però, la stessa: quanto durerà quell'obliquo sorriso che ai primi ascolti non accenna minimamente a scomparire? Non lo so, con Bugo poco, con Belongs To Me sembra resistere di più, ma il dubbio che sia destinato a scomparire non riesce proprio ad andarsene. Comunque, se avete apprezzato "Sentimento Westernato" cercate di procurarvi anche "Massimo Effetto", non ne rimarrete delusi."


Kech:
A lovely place

da SODAPOP
"Molto carini gli indierockers Kech, che, invaghiti delle sonorità più pop e favoriti dalla bella voce femminile, sfornano un mini album registrato decisamente bene, sei brani dinamici e gioiosi sulla scia di Belly e compagnia, veramente azzeccati."

da RUMORE
"E' pop-rock dal piglio indipendente e graziosamente sfacciato quello dei Kech. Sei pezzi che scomodano i migliori momenti Domino, che vi divertiranno da matti e che mostrano un gruppo assolutamente padrone del linguaggio indie-rock. I Kech non vogliono strafare, si presentano con una bella voce femminile che per una volta non è ruffiana né riot e non si preoccupano particolarmente di che uso vogliate fare di A Lovely Place: loro si sono già divertiti abbastanza e a voi potrebbe capitare lo stesso, possibilmete cominciando dalla freschissima filastrocca iniziale Cesar. Un'ultima nota per la confezione, assolutamente deliziosa."

da SUBROCK
"Settimo disco (auto)prodotto da lla Under my bed, piccola label lo-fi di Milano. I Kech sono di milano, hanno una voce femminile e sono dediti ad un college indie rock alla Blur ed Elastica. Il dischetto in questione in realta' e' un ep, contiene solamente 6 brani, comunque piu che sufficienti per conoscere le qualita' della band. La registrazione non e' da pelle d'oca, ma comunque rende, e' d'impatto. Il songwriting e' maturo, ma la cosa che colpisce di piu, e' la voce femminile, molto melodica e sognante. I capitoli migliori sono senza dubbio i primi due brani, la title track "A lovely place" e la prima canzone "Cesar". In particolare la title track, e' la canzone piu d'impatto, piu "tirata". Un buon gruppo, attendiamo il prossimo lavoro!"


Fong:
Manifesto

da SPECTRUM
"Da casa Under My Bed records giunge questo strano oggetto. Pare essere un cdr , pare essere realizzato da qualcuno che si chiama fong, pare che si intitoli manifesto. Pare essere non musica. Pare contenere 22 pezzi , ma poi pare di capire che in effeti il pezzo contenuoi sia solo 1 e che tutto il disco duri 40 minuti. Pare che fong sia un collettivo di non musicisti che preferisce restare anonimo. Un sito web che non pare chiarire un bel niente. Pare che sia musica che non esiste. Pare che all'interno dello pseudo booklet ci sia scritto questo:
La musica in quanto materia finita di suoni organizzati dall'uomno non esiste. Ogni cosa e' musica, la musica e' ogni cosa. La musica in quanto prodotto di una singola mente e/o entita' , o di un gruppo di esse razionalmente organizzate, non esiste. Ognuno produce musica, la musica non e' di ognuno. La musica in quanto effetto di uno o piu' utensili consuetamente e canonicamente adibiti ad essa, non esiste Ogni oggetto produce musica e la musica non e' cosa per gli oggetti. La musica in quanto risultato dell'elaborazione culturale di una tradizione storica ,non esisste Ogni eta' ha la sua musica e la musica non ha eta'. La musica in quanto espressione di una o qualche conoscenza , non esiste. La conoscenza non produce musica e la musica non determina conoscenza. La musica in quanto documento riproducibile,oggettivo e completo, non esiste. I supporti di ripoduzione non contengono musica, e la musica non puo' fermarsi a quella riprodotta da un supporto esterno.
Pare comunque che il disco ESISTA. Mi pare che sia qui nel mio riproduttore di formati acustici. Pare............. "