da IL MUCCHIO SELVAGGIO
"Quando non sono il solito compendio di luoghi comuni e dati senza interesse alcuno, le cartelle stampa riescono sul serio a descrivere l'atmosfera di un disco. O perlomeno a offrirne un'azzeccata definizione. Parlando di "Clinical Shyness" come un anello di congiunzione tra Nick Drake e i Sonic Youth, si aggiunge: "L'accostamento sembra alquanto improbabile ma la marea di feedback sotto la quale sono sepolti gli arpeggi e i lamenti di My Dear Killer fa pensare davvero agli strati chitarristici di Ranaldo/Moore che tentano di soffocare il fragile songwriter". Tutto vero. Anche se il tocco delicato della chitarra acustica di My Dear Killer (pseudonimo di Stefano S.) fa pensare più agli arpeggi di Jim O'Rourke che non all'iper-citato cantautore di Tanworth. Che il riferimento sia stato usato come una mossa pubblicitaria? Problemi che si lasciano volentieri ad altre sedi perché, marketing o meno, questo disco - frutto della collaborazione di tre delle etichette più indipendenti del nostro territorio: Madcap, Under My Bed, Eaten By Squirrels - è uno dei migliori esperimenti di canzone d'autore "deviata" che ascoltati recentemente in Italia. Le canzoni sembrano provenire dal magma primordiale dei sentimenti più autentici e grezzi - sentimenti che non hanno mai certezze. Laddove sembra arrivare un punto di fuga, arriva la stangata delle chitarre elettriche. Aggressive, Violente. Un taglio lacerante al cuore. Folk distrutto che sembra davvero provenire dal genio di O'Rourke - ma ora è in Italia: teniamocelo stretto."
[Hamilton Santià]


da ROCKERILLA
"Registrato volutamente in maniera minimalista e rarefatta, ma non per qyuesto meno convincente, "clinical shyness" esercita un fascino intimo dovuto alle atmosfere oniriche che lo dominano. Melodie malinconiche e a tratti appena sussurrate si vanno a incontrare con lampi di feedback urbano e delicati arpeggi, mostrando come My Dear Killer e' un songwriter cha ha fatto sua la lezione del low-fi, del noise meno estremista e dell'indie-rock. In mezz'ora di musica questi piccoli e fragili tasselli sonori, benche' concepiti in tempi diversi, si caratterizzano per una continuita' che mantiene costante una certa tensione emotiva. Non e' piu' un discorso di ritmica o impatto sonoro forzato, ma piu' che altro sensazioni chiuse nella scatola fragile dell'emotivita'."
[Edoardo Frassetto]

da BLOW UP
"Elogio della lentezza. Boring Machines nasce a sede vagante per costituire un argine lato sensu culturale alla trivializzazione delle musiche moderne, al movimento a tutti i costi. Non è etichetta né solo booking o distro, le si attaglia appena più il concetto di promozione. E veicola il suo esordio sulle ali malate di My Dear Killer, one man band fra Varese e Londra che riedita tracce apparse come b-sides in compilation ed ep dal 2001 in poi. "Clinical shyness" è supportato da una syndication fra alcuni importanti 'enti' dell'indipendenza italiana, che convergono nell'estromettere Stefano Santabarbara dalle sue registrazioni casalinghe per donare al possibile uditorio sette croniche flagellazioni psychofolk, feedback con gli occhi pesti (A May afternoon) come autocensure di un elfo in metallo, le sovraincisioni addizionali sullo spleen di To apologise. Si segnala il manifesto omonimo, drakeiano nell'intima scorza, ripiegato su se stesso e annegato: ci sarà sempre un momento in una giornata che porterà ad avvertirne il bisogno." (7/8)
[Enrico Veronese]

da LIFT e SENTIRE ASCOLTARE
"E' un po' come la scena di un film. In primo piano un arpeggio di chitarra pulito che abbozza la tonalità e si limita ad accompagnare senza troppe pretese; più in là, quasi a mezzobusto, uno scorrere continuo di distorsioni che al pari della corrente di un fiume accelera, rallenta, si trasforma in feedback, muta in crescendo, svanisce; a figura intera ma quasi indistinguibile tra le ombre sul fondo, una vocina impalpabile, flebile ma accorta, che (in)canta parole e semplici suoni. È più o meno così che si presenta "Clinical Shyness", opera prima di My Dear Killer aka Stefano S.. Un disco che per certi versi spande sensazioni invece che proporre canzoni, vive di agglomerati d'atmosfere invece che di strofe e refrains, si perde in una forma di timida enunciazione dell'essere dimessa quanto certa d'esistere, eterea quanto sottilmente psichedelica, onirica nell'attitudine quanto ipnotica nei toni. Musica da cameretta insomma, non a caso pubblicata grazie ad una join venture tra la Under My Bed del titolare del progetto, la Eaten By Squirrels e il lisergico Madcap Collective. Nello specifico, scivolando tra le sette tracce del disco, ci si imbatte in una A May Afternoon che nasce come una nenia alla Smog e decide di morire sotto una marea di feedback in stile European Song; una The Wish Talker che a discapito del temporale di saturazioni iniziale vola bassa tra un cantato quasi impercettibile e una chitarra elettrica improvvisata; una Words che frigge d'elettricità e malinconie represse; una Phone Calls - unico episodio "in chiaro" del pacchetto - che con l'attitudine pop che rivela ricorda - chissà poi perché - alcune cose di Roger Waters. Questo è il mondo di My Dear Killer, lo-fi per scelta, spettinato dopo una nottata insonne, capace di abbuffarsi di rumore e solitarie dissertazioni, sensibile alle variazioni di colore e di temperatura, schivo ma necessariamente vivo."
[Fabrizio Zampighi]

da KALPORZ "Ci sono momenti in cui proprio non hai voglia di uscire di casa. Stai a fissare le ragnatele sul muro, i poster che si stanno scollando dalle pareti, incapace di reagire. Sono quei momenti in cui gli amici cercano di trascinarti fuori casa, e magari ci riescono pure; poi però torni nella tua stanza e ti senti esattamente come prima. È a quel punto che vedi la tua chitarra in un angolo, e inizi a toccarla: le affidi un po’ della tua tristezza, o della tua timidezza cronica, cominciando a sforarla come il più intimo degli Elliott Smith. Ma ancora non ci siamo, non riesce ad esprimere bene quel vuoto senza nome che hai dentro, e allora costruisci sopra quelle note delicate rumori, cumuli inestricabili di feedback. Così, senza il minimo supporto ritmico, con la tua voce che riesce a malapena a farsi udibile. È questa l’atmosfera che pervade Clinical Shyness, il debutto di My Dear Killer, one-man band sospeso tra Varese e Londra: un album da cameretta in cui niente e nessuno, però, ti invita ad accomodarti. Nulla si amalgama, in queste sette canzoni, ed è una cosa voluta: gli arpeggi malinconici sono soffocati dal rumore, il feedback rimbalza violento contro le pareti della stanza, come un’emozione che preme per uscire e non vi riesce. Si sono mossi in tanti, tre etichette del sottobosco più indie assieme alla neonata Boring Machines, per portare lo spleen di My Dear Killer all’esterno: tra folk oppresso dal noise e oscurità sadcore, Clinical Shyness non è certo un disco a cui tornare spesso, perché sa metterti a disagio in una maniera quasi fisica. Ma, anche se con pochi mezzi e con una formula che tende a ripetersi sempre uguale, sono pochi gli album che riescono a comunicare così intensamente."
[Daniele Paletta]

da FREAK OUT
"Progetto assolutamente casalingo, ma fa più figo dire low-fi, da far invidia al Lou Barlow più intimista, quello di Stefano, alias My Dear Killer, che dopo varie traversie ha deciso di dare alle stampe il suo esordio, fatto di sola voce e chitarra. Più minimale dello Springsteen di "Nebraska", nei sette brani utilizza la sola chitarra per lunghe cavalcate noise o rasoiate elettriche, vicine ai Sonic Youth degli anni '80, tendono a sovrastare una voce spesso lamentosa, che per alcuni rievoca il fantasma di Nick Drake. La sei corde quando è al massimo dell'espressività vomita rumore che comunque non riesce a coprire il canto minimale di Stefano. "Clinical shyness" risulta così estremamente emotivo ed intimista, soprattutto quando si lascia andare a ballate con l'acustica in cui la voce è più chiara."
[Vittorio Lannutti]

da IMPATTO SONORO
"Caro il mio killer, donde iniziare a parlare di te? Forse proprio dalla tua profonda (nonché dichiarata) timidezza. Un po' come mettere le mani avanti. Sono timido, ve lo dico subito, così poi non vi lamentate. Cazzi vostri. Perché la forza e la debolezza di questi suoni sta proprio qui. Nell'ostentare il non detto, nell'arrivare sempre sull'orlo e non passare mai il guado. Si parla di chitarre, soprattutto. Il ritmo non è affar nostro. Tappeti di chitarre. Rumorose, ma calme. Vorrebbero esplodere, ma non lo fanno mai. Le prime tracce arduo distinguerle una dall'altra. E non lo dico come a sottolinearne un difetto. Anzi. La valenza ipnotica è proprio uno dei punti di forza. Sorta di training autogeno per costringersi all'espressione. E poi arrivano i due minuti scarsi di Barrett sottovoce che fanno da fulcro e snodo al disco. Il punto sta qui. Che il killer vorrebbe scrivere (e cantare) questi pezzi, a mio avviso. E dovrebbe, sempre a mio avviso. Il problema è che per il 90% del tempo fa altro. Autoipnosi. La fa bene, per carità. Ma il sottoscritto, poppettaro indefesso, preferisce la canzone, la chitarra acustica e la voce fragile, ma compiuta di quel frammento mediano. L'auspicio, visto che i mezzi ci sono, è che il killer sorpassi un po' la sua timidezza, e approdi a quelle canzoni piccine piccine, a quel Nick Drake che cita in nota per intendersi. Ricami i suoi suoni e le sue chitarre ispide con meno alibi e più sfrontatezza. Altrimenti rischia di parlare allo specchio. E io, egoista, vorrei non dover rinunciare all'essere suo pubblico, interlocutore, controparte. Insomma, promosso. Ma che cerchi di rompere il bozzolo e tessere la seta."
[Fabio Donalisio]

da ROCKLAB
"A volte andrebbero messe ben in chiaro delle cose. Prima di tutto: se suoni con una chitarra acustica NON necessariamente le tue influenze stanno dalla parte di Nick Drake. Secondo: NON necessariamente i referenti di un feedback sfrenato sono i Sonic Youth. Chiarito questo, i My Dear Killer, ufficializzati ora grazie all'aiuto di ben tre etichette - Eaten By Squirrels, Madcap Collective e Under My Bed - sono proprio tutto quello di cui si è appena parlato: sette tracce in cui nenie acustiche sono travolte da ogni genere di segnale modulato e campionamenti (a cui i My Dear Killer non sono di certo nuovi se pensiamo allo split con Prague con tanto di radiocronaca della partita del Manchester) tanto che la maggior parte dei brani affoga letteralmente in un mare di feedback e depressione da cameretta, dalla quale questa musica mantiene la saturazione data da piccoli spazi e il senso di fragilità. Tanto per darvi delle coordinate, pensate alla collaborazione di Ben Chasny con Comets on fire su "Field recordings from the sun": un arpeggio che lentamente scompare sotto una coltre di rumore. Fatelo durare venti minuti, ed il gioco è fatto. Da maneggiare con cura, potrebbe farvi venire voglia di spezzarlo in più parti. Sembra retorico dirlo, ma Clinical Shyness è classico disco da piccoli momenti depressi: adatto quindi una volta ogni tot mesi e basta. "(7/10)
[Giorgio Pace]

da MUSIC CLUB
"Genuino ed al contempo lusinghiero. Come il classico bicchiere d’acqua dopo ore di aridità cerebrale. My Dear Killer è lo-fi e non quello di semplice lettura, è agitato ed elettrico e potrebbe apparire malinconico ai sfortunati senza nemmeno un sorriso da svendere. Dopo svariati attenti ascolti, la qualità del disco emerge nebbiosa tra le righe, l’attitudine narcotica dei suoni si trasforma in un piacevole lago di emozioni, semplice immergercisi, difficile riemerge. Non cito nomi di artisti e/o influenze sonore varie perché ne ho le palle piene e sinceramente, niente e nulla mi viene in mente. Cito la rilevante ambizione di poter entrare al meglio in questo lavoro, ammetto forse di non esserci riuscito a pieno, superare ogni ostacolo per godere al massimo di ogni intimo e recondito trapasso. Non è semplice ma ne potrebbe valer la pena..."
[Massimo Ronchini]

da NOVAMUZIQUE
"Interessante lavoro, questo dei MyDear Killer. Un viaggio allucinato tra svariate suggestioni post-ipnotiche, mitigato da un’atmosfera lo-fi e tagliato da sonorità noise. Le sette tracce di quest’ album disegnano un percorso di non immediata empatia, di una falsa rilassatezza che ha l’ ambiguità di un dormiveglia. Nel booklet c’ è un lungo excursus sul tipo di sperimentazione e di strumentazione applicata al suono, scritto in inglese, di cui non è che abbia capito proprio tutto (proprio perché molto tecnico-descrittivo). L’ approccio compositivo è colorato dei grigi di un intellettualismo latente che comunque non riesce a delegittimare il sapore e le immagini del contenuto e del tessuto sonoro. Se dovessi fare un appunto di critica, trovo che qua e là il cantato, che volutamente aleggia ora fuori ora dentro le linee armoniche, in certi punti evada l’intento originario. Ma mi fermo all’impressione, perché non ho sufficiente coscienza del percorso del gruppo. Le sovraimpressioni che i suoni sintetici danno allo strato delle chitarre (le quali sembrano camminare lungo un concept di continuità non trascurabile) si tingono tanto di un’opacità sconfinante nella dolcezza nei momenti di distensione, quanto di un’isteria e un’inquietudine quasi sussurrata nelle frasi più squisitamente "noisy". Per il primo caso segnalo la traccia n°5 "(I fear) Time", dove voce e chitarra sembrano dare una carezza qui ai primi Suede e là a Robert Smith e ai Cure (non si può scomodare Shellac, Don Caballero o compagnia bella: non è quello il campo. Casomai mi sono venuti in mente, sebbene il legame non sia per niente obbligato, i Sigur Ros). Per il secondo la title-track, affetta da una morbosità ovattata di buona tempra stilistica. In definitva un buon lavoro, da approfondire e da gustare, ripiegato in sé stesso come una malinconia notturna. "
[Flabbio]

da MESCALINA
"Frutto dei deliri e delle inquietudini di Stefano S., giovane ricercatore scientifico all'Università di Londra, nel 1999 prende vita il progetto musicale denominato My Dear Killer. A distanza di sette anni e grazie soprattutto all'intromissione sia di una "syndacation" di etichette e sia di oscure figure della scena nazionale indipendente e non, che ne hanno in parte finanziato l'operato, "Clinical shyness" può finalmente venire alla luce, segnando l'esordio sulla lunga distanza dei My Dear Killer. Parte del merito va sicuramente attribuito alla "syndacation" di labels, composta dalla Madcap Collective (già madrina tra gli altri di Father Murphy, Franklin Delano e Stop The Wheel), dall'Under My Bed (di proprietà dello stesso artista) e dall'etichetta di distribuzione Eaten By Squirrels, le quali unite da un interesse comune hanno insistentemente spronato l'eclettico ricercatore scientifico a riordinare le proprie idee e a ripescare dal suo bagaglio compositivo brani scritti negli ultimi anni (alcuni dei quali apparsi su Ep, compilations, cassette o cd-r) e riproporli sotto forma di un unico lavoro. Viene così concepito "Clinical shyness", un album che combina incredibilmente il cantautorato spigoloso di Nick Drake alle sonorità distorte dei Sonic Youth. Impregnate di un sottile strato malinconico le sette composizioni mettono in mostra un sound che oscilla tra influenze post-rock e richiami al psycho-indie-pop e che viene risaltato dai continui e laceranti feedback oltre che dall'impostazione lo-fi del cantato. Il disco genera sensazioni travolgenti che fanno leva proprio su una voce quasi impercettibile, adagiata con notevole maestria sui fraseggi melodici, a tratti ipnotici, di una chitarra singolarmente malinconica. Racchiuso tra le quattro mura della sua "Cameretta", My Dear Killer circoscrive attraverso le sue melodie brevi, ma intense, momenti d'intimità, facendo eco proprio alla cosiddetta "bedroom scene"(di cui la sua Under My Bed si pone tra le maggiori sostenitrici, ndr). Un'artista che vale la pena di scoprire e di seguire con attenzione, le cui qualità, circoscritte tra i solchi di "Clinical shyness", trovano la migliore espressione nel post-rock in chiave Slint di brani come "A May afternoon" e "Clinical shyness" o nelle tipiche atmosfere di un Devendra Banhart più psycho-noise del brano "(I fear) time".
[Alfonso Fanizza]

da ALTERNATIZINE
"Clinical Shyness è un lavoro fatto di chitarre elettriche, di voci e di feedback. My dear killer è un progetto di Stefano S., che ha raccolto varie tracce registrate dal 2001. Le sonorità sono affogate nei feedback della chitarra elettrica, addolciti da una voce sommessa che quasi rifiuta il proprio ruolo, rimanendo al servizio dell’atmosfera cupa generata da sonorità riflessive e riflesse. Bellissima "To apologise" che racchiude tutta la magia dello stile di My dear killer. Lo stile musicale ricorda le ballate di Nick Drake, e rappresenta una bella novità nel panorama italiano, perché insiste su un minimalismo innovativo e istintivo, apprezzabile e da seguire. "Clinical Shyness" è un disco timido, cupo, intimo, da ascoltare alle 5 di mattina per meditare su cosa davvero merita di essere vissuto senza riserve."
[Stefano Bernardi]

da STORIA DELLA MUSICA
"Un monolite nero con molluschi disegnati, potrebbe già suggerire il contenuto del disco. Un accordo suonato come armonico, un fischio e poi un arpeggio ossessivo che sovrasta un tappeto di accordi distorti. Un assalto all’arma bianca al padiglione auricolare. È A May Afternoon, la prima traccia di questo disco. La tensione scende con la title track, quasi una ballata, con una chitarra timidamente folk e tastiere giocattolo. The Wish Talker si apre con strumenti in larsen per poi sfumare in un delicato arpeggio. Phone Calls riprende la traccia d’apertura nello stile: arpeggio ossessivo e un tappeto di chitarre distorte. Arriva un’altra ballata, (I Fear) Time, per tirare il fiato dopo l’apnea nel mare di suoni, qui la voce si fa’ più riconoscibile ed i suoni degli strumenti sono meno distorti. Questo mood continua in Words dove la chitarra è da sola ad accompagnare la voce col suo arpeggio. To Apologise chiude con un sampling da "2001: Odissea Nello Spazio" un bel canovaccio di chitarra e suoni che arrivano da lontano. Poi silenzio un brusio ci introduce alla ghost track, una canzone folk a suggello di un disco non facilmente classificabile dentro un genere musicale. Un ascolto intenso, a tratti sofferto: non ci sono appigli, o ci si lascia trasportare dalla corrente dei suoni verso un territorio nuovo, nella mente di My Dear Killer; o si sbatte contro un monolite. Il disco è originale, naif e lo-fi ( si sentono anche un po’ di voci carpite durante le registrazioni ). Le uniche note dolenti sono la voce, che si riscatta solo nella ghost track, poco incisiva, anche se funzionale alle atmosfere del disco e poi la mancanza di un pezzo "da singolo" che sovrasti gli altri: il disco si apprezza se ascoltato tutto d’un fiato come un unico magma sonoro, un sogno tormentato. Un disco difficile, pieno, vissuto. O lo si ama o lo si odia."
[Riccardo Bertan]

da EAR RATIONAL
"Indie rock with distortion and noises in the background. Male singing with some female, and the distortion drone 'harmonizes' with the vocals. Acoustic guitar provides the melody with electric giving the noise. No bass or drums really. But they do use some samples hidden in the music from time to time. The music shimmers - this is a sequined curtain blowing softly to my ears. The mood is melancholy overall - sometimes a little heavier, with some sad nights writing the lyrics and memories of the thing under the bed giving the unconscious mind things to worry about. ."
[Don Poe]

da ROCK-IT
"Il mio caro assassino uccide lentamente. Straziandomi. Con arpeggi laceranti come lame, sussurri percossi da rumori, ballate folk strappa cuore, pennellate di chitarre che si infrangono. Uno scenario dolente per contenere in una metafora drammatica la musica di My dear killer. Minimale, triste, solitario, intimista. One man band e poesia dilaniante. Note imbevute di psichedelia lo-fi, post-rock rallentato e lamenti dilatati. La prima traccia, “A may afternoon” è uno dei tanti arpeggi ossessivi ed infiniti che caratterizzano quest’album struggente. “Clinical shyness” persevera quell’attitudine mesta che tocca in profondità le corde emotive, che penetra dentro. Chitarre punzecchiate, distorsioni e un cantato malinconico che combacia perfettamente con il tappeto sonoro, a tratti ipnotico e che affligge ma anche timido e cullante. E quando le sonorità più down si sostituiscono ad una chitarra folk e ad una voce più decisa e meno bisbigliata l'umore non cambia. Mezz’ora di dolore e incanto. E se chiudi gli occhi ci puoi sentire tanti bei gruppi dell’indie rock più slow. Così fragile e amabile."
[Maria Murone]